Tommy Hilfiger a Napoli. Perchè è normale che sia così?

E’ proprio di questi giorni, la notizia che Tommy Hilfiger,  noto brand fashion, ha visitato alcune aziende della provincia di Napoli.

Una storia ed una visita, a cui hanno dato risalto numerose testate giornalistiche, come Repubblica.it, ma non abbastanza.

Il dato da rilevare è questi:

Napoli sta ritornando ad avere un ruolo di primo piano nelle produzioni Made in Italy.

Qualche settimana fa in un’intervista al Vesuvio Live, raccontavo che a Napoli, altro che tarocco, qui c’è il vero Made in Italy.
Ho parlato di quanto poco si sa e soprattutto si sponsorizzano le produzioni del comparto Campano.

Perché?

  • Non c’è interesse
  • Il territorio è difficile da gestire
  • Fa comodo non pubblicizzare chi lavora bene, così crei monopolio e “obblighi” i terzisti a produrre per te (brand o firma che si voglia)
  • Non si vede l’enorme opportunità ad uscire dall’ombra

Nel bene o nel male, purché se ne parli, dicevano.
Il problema è che se ne parli sempre e solo male, è difficile che a qualcuno venga voglia di produrre a Napoli.

Certo, noi ci siamo anche fatti tanto male da soli.

Come non ricordare le aziende che insieme alle produzioni legali, hanno fatto anche il parallelo.
Come non ricordare clienti truffati, con acconti incassati e merce, o non consegnata o consegnata non conforme alle richieste pattuite?                                                                                                                                  E ancora come dimenticare chi usa le aziende solo per fatturare l’IVA?

Ecco, lo so che stiamo parlando di cose che succedono un po’ in tutta Italia, ma non può essere un deterrente a non cambiare.

Quando succede che il comparto Campano della pelletteria viene nominato per le cose che buone che fa, la cultura di impresa che crea e il know how che possiede, è bene non lasciarsi sfuggire questa occasione.

Bisogna che ci si adoperi a strati più bassi della filiera, quella degli artigiani, terzisti che spesso non hanno nemmeno la percezione di essere imprenditori ma hanno la conoscenza e l’arte di questo mestiere, nelle mani.

Creare azioni che favoriscono la promozione del territorio come mercato.

In questo senso, la creazione di una piattaforma, on line, dove poter trovare nomi, facce, storie e recapiti delle aziende che producono borse, scarpe ed altro, aiuterebbe.

Altra azione fondamentale, sarebbe quella di permettere ai buyer e designer di tutto il mondo, di poter conoscere queste aziende, fisicamente intendo, attraverso una fiera e tutto il materiale di supporto, tradotto ovviamente anche in inglese.

Lo so, sono pazza a pensare che Napoli e la Campania, possa diventare il centro delle produzioni Made in Italy.
O forse sono solo realista.

Qui ci sono aziende italiane, fatte da italiani, che tramandano le conoscenze ai loro figli ed alle nuove leve.
E’ ovvio che come supporto, servirebbe una Scuola di Pelletteria, ma di questo ti parlerò in maniera approfondita, in un altro articolo.
Te ne parlerò con l’orgoglio che qualche piccolo passo si muove.

Abbiamo attraversato la più grande crisi economica, dopo il dopoguerra, e non possiamo lasciare che le macerie restino li.
Bisogna ricostruire da dove qualcosa è rimasto.

La pelletteria e la Campania hanno tanto da cui ripartire e tante storie da raccontare.
Ricostruire da chi è rimasto e prova a denti stretti resistere, è un dovere ma soprattutto un’opportunità per l’intero sistema Italia.

Io sono convinta che qualcosa cambierà e tu?

Ornella Auzino

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