ZARA, IL BRAND CREATO DA “UN BAMBINO POVERO”. COM’È LA MIA BORSA?
Se ti dico Amancio Ortega a cosa pensi? Suppongo al suono spagnoleggiante, forse. E a nient’altro.
In realtà, ti ho appena fatto il nome del secondo uomo più ricco del pianeta, con un patrimonio di quasi 80 miliardi di dollari, secondo la rivista Forbes. L’uomo che ha creato Zara, uno dei marchi più conosciuti del globo.
Tuttavia, a dispetto della popolarità di cui godono i marchi del gruppo Inditex, di proprietà dello stesso Ortega… l’imprenditore, ormai ottantenne, non è mai stato al centro della scena mediatica. Anzi, l’ha sempre evitata.
Probabilmente perché è figlio dell’epoca pre-mediatica, in cui l’uomo d’affari non era abituato a metterci, necessariamente, la faccia. O, forse, semplicemente non ne ha mai sentito l’esigenza.
Ma lui è il padre di Zara, un marchio presente in 93 paesi, con più di 2.200 filiari. E non solo. Inditex è la compagnia che raccoglie altri brand famosi, come Paul & Bear, Stradivarius e Oysho.
Ho comprato una borsa Zara perché fortemente incuriosita dal mood e dalla popolarità di un marchio che ha dato vita ad un vero e proprio “format” della moda contemporanea, cioè quello del fast fashion.
Per cui, mi sono chiesta Come si presenta una borsa di Zara? È di qualità? La logica di mercato che ha ideato può funzionare anche per gli accessori?
Zara ha rinnovato il concept della moda commerciale, grazie ad una nuova organizzazione del lavoro, che va dalla progettazione alla vendita finale: la produzione è molto veloce, così come le modifiche e la distribuzione nei vari shop del globo.
Non esistono “magazzini” all’interno dei negozi. Se un capo “non va” viene mandato indietro, oppure ad altri shop. Al contrario, la merce apprezzata viene riproposta in altri tagli e altri colori.
In sostanza, il tragitto è quello dal basso verso l’alto: è il pubblico a delineare la produzione e ad ispirare i designer.
Una formula che ha funzionato e che funziona, ancora oggi, senza la necessità di campagne pubblicitarie.
ZARA NON FA PUBBLICITÀ. L’unico canale comunicativo è il negozio stesso, il quale informa costantemente, ri-generandosi senza sosta:
Se vuoi un capo di Zara, devi acquistarlo quasi subito, perché non lo troverai tra una settimana!
Ebbene, questo meccanismo ha stuzzicato la mia voglia di esplorare e andare a vedere da vicino se posso fidarmi di una borsa Zara.
AMANCIO, UN BAMBINO POVERO…
Pare che il sagace imprenditore spagnolo non sia nato in una famiglia ricca, nè mediamente benestante.
Infatti una delle scene che lui stesso ha raccontato, in una brevissima pausa dalla sua biologica reticenza, risale a quando era ancora un bambino, appena trasferito con la famiglia a la Coruna, in Galizia; Ortega ricorda che aveva appena 14 anni e, entrato in una drogheria con la madre, il commerciante dice alla donna di non poterle fare più credito.
Saranno stati i momenti come questo a mettere in moto la rivalsa sociale di Amancio Ortega… o forse le sue doti di lungimirante imprenditore sarebbero emerse ugualmente; ma quel giorno segnò l’inizio del percorso di quel ragazzo di provincia, poiché Amancio decise di iniziare a lavorare, come fattorino, in una bottega di camice.
Dopo la bottega dei fratelli Martinez Varela, passò a lavorare per La Maya, una boutique ormai scomparsa. Dopo di che, decise di tuffarsi nella sua avventura personale.
LE VESTAGLIE DEL 1963…
Il cammino di Zara nasce nel 1963, anno in cui Amancio Ortega decide di mettersi in proprio con l’aiuto della prima moglie Rosalìa Mera; producevano vestaglie da donna nel loro garage di casa. Ma gli anni della produzione, probabilmente, non lo entusiasmarono più del dovuto.
Così nel 1975 Ortega decide di iniziare (anche) a vendere: apre un negozietto su Calle Juan Florez, una strada che, attualmente è divenuta un punto nevralgico dello shopping cittadino, tra prestigiose boutique e sedi bancarie.
Il negozio si sarebbe chiamato Zorba, ma un piccolo incidente di percorso, trasformò il nome in Zara: sì, perché pare che Zorba era già stato scelto da un bar della zona e siccome l’insegna di Ortega era già in produzione, scelse di utilizzare le lettere che già erano stare realizzate, cioè la Z, la R e la A.
È così che Zara prese vita.
Il resto della storia è una continua ascesa verso il mercato globale, con un modello di produzione, che tuttavia, non è stato privo di “discussioni“.
Si sa, da grandi progetti, derivano grandi responsabilità…e Zara è stata più volte al centro del mirino mediatico per la questione legata allo sfruttamento della manodopera dei paesi del Sud Est Asiatico.
Tuttavia, pare che il brand spagnolo, abbia deciso negli ultimi tempi di riportare la produzione interamente in Europa, soprattutto per accorciare le distanze ed essere ancora più fast negli scenari della moda.
Il processo che permette ad un’azienda di ri-portare la produzione a “casa” è conosciuto come Reshoring ed è un fenomeno molto attuale che interessa numerosi paesi dell’occidente, dagli Stati Uniti all’Italia.
Nel caso di Zara non possiamo parlare di Reshoring, ma di Near Reshoring, poichè la produzione (e la scelta dei fornitori) non è tornata in patria (ossia in Spagna), ma si è riavvicinata molto ai confini nazionali. Cioè è stata spostata in Europa.
Zara, oltre allo spostamento delle sedi produttive, ha ri-pensato a definire la filosofia green, grazie all’uso della pelle eco-friendly e alla scelta della sostenibilità.
È sempre più dettagliata, infatti, la CERTIFICAZIONE DELLA FILIERA, ossia l’informazione completa al pubblico circa la provenienza dei materiali, i trattamenti che subiscono e la lavorazione del prodotto finale.
La certificazione della filiera è il giusto cammino verso un nuovo acquisto consapevole e un nuovo modo di produrre, contrapposto a quello criminale della contraffazione.
ECCO LA MIA BORSA ZARA
Ho comprato la mia borsa Zara direttamente sul sito, approfittando dei saldi stagionali. Tuttavia, spesso, mi reco anche al negozio fisico… soprattutto quando voglio scoprire le nuove tendenze delle passerelle.
Zara, infatti, grazie al suo circuito “veloce” e alla propensione per l’Inspiration (clicca qui per sapere in modo dettagliato cosa si intende per Inspiration), riesce a stare sempre sul pezzo e a portare in vetrina le nuove tendenze.
Ho scelto una Shopper di pelle chiara, precisamente color ecrù. Il prezzo era decisamente vantaggioso e non ho esitato a “metterla in carrello”.
(GUARDA SUBITO LA RECENSIONE E SCOPRI QUANTO L’HO PAGATA!)
Apro la scatola e trovo la borsa avvolta in una flanellina >> l’assenza della plastica nel packaging mi suggerisce che la borsa è stata stockata e conservata nelle vicinanze e non ha dovuto fare “lunghi viaggi”.
La provenienza la scopriamo tra poco!
COSA MI PIACE DELLA MIA BORSA ZARA?
- Ci sono due tasche differenti, una interna chiusa da una lampo e l’altra esterna, posta sul lato posteriore >> scomparti utili! Benché non troppo capienti.
- La tintura non è a contrasto >> la scelta di adoperare solo un colore è strategica , poiché la borsa risulterà uniforme, e le possibilità di errori tecnici visibili saranno ridotte.
- Un’etichetta interna mi informa sul tipo di pelle (ecofriendly) e sulla lavorazione >> quante più informazioni trovo sulla produzione, tanto il brand mi conquisterà! Sul sito, inoltre, ci sono maggiori chiarimenti anche circa la concia e la filiera.
- La facciata della borsa non presenta il logo, è completamente “pulita” >> questo permette, a chi ha un po’ di estro, di personalizzare la propria borsa; accessori, catene, borchie, disegni….da poter applicare liberamente. In questo modo la tua borsa sarà originale più di ogni altra, ad un prezzo super-accessibile!
I DIFETTI EVIDENTI
Passo la borsa tra le mani, e mi focalizzo sui dettagli che mi interessano: cuciture, tintura e rifiniture.
Noto che alcune componenti sono poco curate e un tantino approssimative, come le cuciture e le distanze disomogenee dai rispettivi bordi; e come la tintura sulle maniglie, le quali “grattano” sotto mano.
Ma… cara amica…si tratta di una borsa dal costo molto contenuto, accessibile a tutte e, soprattutto, di tendenza! Per cui, gli errori di supervisione me li aspetto! Non posso certo immaginare un artigianato handmade dalla manodopera attenta ai dettagli.
Per cui, bilanciando tutti gli aspetti, il mio giudizio ne esce positivo.
LA MIA BORSA ZARA È PROMOSSA?
La mia borsa è promossa, nonostante gli errori tecnici e le imperfezioni che presenta: si tratta di una produzione seriale, basata sulle inspiration e programmata sul fast fashion. In base a questa prospettiva, la mia borsa risponde bene alla sua funzione.
La produzione è in Albania, un paese che, negli ultimi tempi, si sta proponendo sempre di più nello scenario industriale europeo. La borsa non è Made in Italy, ma senza dubbio non conserva i cattivi odori dei lunghi viaggi asiatici!
Inoltre, sto comprando una borsa originale e sto boicottando la contraffazione: c’è sempre un’alternativa al mercato illegale ed è decisamente più stilosa!
SCEGLI SEMPRE DI COMPRARE ORIGINALE! SCEGLI DI DARE I TUOI SOLDI ALLE AZIENDE CHE NUTRONO INTERE FAMIGLIE DI OPERAI, ANZICCHÈ ALLA CRIMINALITÁ ORGANIZZATA!
QUALI VOTI HO MESSO ALLA BORSA?
RISULTA COMODA E FUNZIONALE?
Scopri, da vicino, tutti i dettagli nella mia RECENSIONE ALLA BORSA ZARA!
SE ANCHE TU HAI UNA BORSA ZARA E VUOI DIRE LA TUA, OPPURE HAI UN ALTRO BRAND DA SUGGERIRMI >> SCRIVI QUI SOTTO!
SE AMI IL MONDO DELLE BORSE E AMI CONOSCERE LE BELLE STORIE >> LEGGI IL MIO RACCONTO E SCOPRI IL TRAGITTO CHE MI HA PORTATA VERSO IL MIO SOGNO!