LA CULTURA CHE UCCIDE LE MADRI
Le donne imprenditrici in Italia sono quasi 700 mila, ossia il 26% degli imprenditori totali. Non è male, considerando che il nostro paese, rispetto al resto d’Europa, si pone in una posizione di netto squilibrio di genere.
Questi sono i dati Istat riportati dalla “Indagine conoscitiva sulle politiche in materia di parità tra donne e uomini” del 2017. E il report indica un altro dato importante: tra i nuovi imprenditori, le donne sono quelle più istruite e più giovani.
Senza dubbio, il divario tra uomini e donne diminuisce sempre di più, in un sistema che vuole equiparare le possibilità sociali e professionali…ma che, forse, non ci riesce del tutto e non solo a causa della mancanza dello Stato Sociale.
Sì, perché alcuni dati sul sud Italia sono differenti rispetto a quelli generali: il 52,8% delle donne meridionali e il 61,8% degli uomini sostengono ancora che è necessaria la netta divisione dei ruoli: cioè è l’uomo che deve portare a casa la pagnotta! (fonte: dati istat 2017 – condizione femminile).
UN PROBLEMA CULTURALE
Il fatto che la maggioranza della popolazione al sud sia ancora persuasa dall’idea che la donna deve badare alla casa e l’uomo alle spese, non dice altro che il TESSUTO CULTURALE è forse la cosa che fa più resistenza al cambiamento, più della mancanza del Welfare.
Quando si leggono i dati, una delle cose interessanti e vedere come si faccia, all’interno dei report, differenza tra lavoro retribuito e quello non-retribuito. Ma cos’è il lavoro-non-retribuito? Sono le faccende domestiche e il lavoro familiare.
E i dati ci informano che questi ultimi sono ancora, nella maggioranza dei casi in mano alle donne, che siano occupate o casalinghe: un altro tassello a supporto del fatto che il nostro modello culturale è duro a morire.
Con questo, non intendo criticare le nostre Radici, le quali costruiscono il nostro Sistema di Valori consolidato, ma…
intendo sottolineare come sia difficile per una donna meridionale portare avanti Sè stessa, oltre tutti i Ruoli che le appartengono.
LA MAMMA CHE UCCIDE LA DONNA
In una trasmissione televisiva molto interessante (Lessico Famigliare) un noto psicoanalista spiegava come l’epoca del patriarcato era costituito dalla Mamma Chioccia, colei che smetteva di essere Donna nel momento in cui diveniva madre; al contrario, con l’emancipazione femminile si sono osservati casi totalmente opposti, cioè casi di Donne che hanno distrutto il loro “essere madri” a vantaggio della carriera lavorativa (madri, insomma, che non si prendevano abbastanza cura dei figli).
Nonostante le avversità e le difficolta si è fatto, parallelamente strada, un altro modello: la Donna Madre. La donna che non smette di essere tale, nonostante l’inizio della genitorialità.
Sì, perché secondo il conduttore-dottore, è importante per il Figlio che la madre non perda la propria Vita, i propri interessi, gli stimoli che la legano al mondo: tutto questo servirà al Figlio ad “abbandonare” le mani della madre e dirigersi, consapevole, verso il mondo.
Ecco quest’analisi è un ottimo spunto: la donna-madre è una figura “nuova” carica di armonia e di energia, che deve, inevitabilmente, trovare una collocazione necessaria nella società. Deve essere accettata da tutti i suoi membri, ma prima di tutto da Se stessa.
I SENSI DI COLPA DI UNA MAMMA CHE LAVORA
L’accettazione della figura donna-madre deve trovare terreno fertile prima di tutto nelle donne: io sono una mamma che lavora e vi assicuro che i Sensi di colpa non sono stati pochi.
Portare mia figlia a scuola, fin da piccola, perché io potessi lavorare; lasciarla alla nonna, di tanto in tanto, perché io potessi uscire sola con mio marito; chiedermi costantemente “Sono abbastanza presente nella sua vita?”…
Sono tutte cose che logorano i pensieri di una Madre, soprattutto quando ti senti addosso i giudizi e i “consigli” degli altri.
Certo, ci ripetiamo che il parere degli altri circa la nostra vita non è importante per noi, che solo noi conosciamo le nostre verità…ma quel giudizio inizia a pesarci nel momento in cui a mettere in discussione ciò che stiamo facendo siamo prima di ogni altro, Noi.
Qualcuno, magari, potrà alludere al fatto che Non hai la necessità economica di lavorare, che, magari, potresti crescere tuo figlio piuttosto. Quel qualcuno potrebbe essere proprio tua madre, tua sorella…insomma le persone di cui ti fidi ciecamente e che parlano (quasi sempre) per il tuo beneficio.
In effetti, tu non stai andando a lavorare perché hai una forte esigenza economica (o anche sì, ma non importa in questa parentesi argomentativa), tu hai scelto di lavorare perché hai bisogno di Te, della Donna che sei, dell’affermazione intellettuale che ti distingue da quella che, invece, Non sei. Hai bisogno di incontrare l’Universo ogni tanto e sentire che ti risponde. Ma non per questo, sarai Meno Madre, o una Madre meno brava.
COSTA MOLTO LAVORARE
A prescindere da tutti i motivi, intimi, familiari o economici che inducono una donna a lavorare, in ogni caso è forte la Mancanza di Supporto Statale.
Gli Asilo Nido pubblici non riescono a sostenere il numero di iscritti (in molte città non esistono ancora), per cui la famiglia è costretta a rivolgersi alle strutture private o alle baby-sitter;
molto alto è il numero dei nonni-baby sitter, che si prendono quotidianamente cura dei nipotini, mentre i genitori lavorano. Tuttavia, prevedo che questo fenomeno diminuirà sempre di più, poiché l’età media della genitorialità si sta alzando (l’età media delle donne che diventano madri è 32 anni più o meno): per cui, è facile capire che i nonni-del-futuro saranno più anziani e non potranno badare in modo assiduo ai piccoli pargoli, i quali, si sa, hanno bisogno di energia e pazienza.
La direzione giusta, pertanto, dovrebbe prevedere, come in altri paesi, la creazione di strutture pubbliche o interne alle aziende, che aiutino ad ammortizzare la spesa familiare.
Il tasso di natalità sta diminuendo drasticamente (dal 2008 al 2015 sono nati 91.000 bambini in meno), e non solo per la tendenza crescente a rinunciare alla maternità come scelta di vita, ma soprattutto perché le condizioni economiche e lavorative non lo permettono (contratti deboli, precariato, lavori saltuari).
A mio parere è inaccettabile che un Sistema societario vieti alle donne (e in generale a tutti) di diventare madre (e di essere genitore), ossia il compimento più alto d’amore:
creare una vita dalla vita stessa è, forse, il punto d’arrivo del “sentirsi umani”, perché null’altro può darti la stessa energia e lo stesso sguardo sul mondo.
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Ornella Auzino