CHI PRODUCE BORSE FIRMATE? CHI PRODUCE PER I BRAND?
Una delle cose che viene troppo poco raccontata è la filiera produttiva e quindi chi c’è dietro la produzione delle borse che tu compri.
Premessa:
Negli anni la narrativa della filiera produttiva ha acquisito sempre più valore e in questo periodo in cui si parla tanto di produzioni, una delle problematiche maggiori sta proprio nel fatto che i “non addetti al settore” NON conoscono affatto le dinamiche che regolano le produzioni di borse.
Una delle cose che salta subito all’occhio è che le grandi firme della moda non hanno mai avuto interesse nel raccontare la filiera e gli artigiani che ne fanno parte.
Vediamo sempre sui siti istituzionali mani fotografate o riprese in video.
Vediamo una minima parte di addetti ai lavori ringraziati durante le sfilate.
Diciamoci la verità, però, spesso sembrano davvero tutti uguali. Un po’ come le pubblicità vecchio stile in cui l’attore che recitava come medico dentista, lo ritrovi nella pubblicità del supermercato a fare il cassiere. Nessuno mette in luce le facce ed i nomi di chi ha le mani in pasta.
Mi sono chiesta molte volte perché esistesse solo questa metodica narrativa, volta quasi a voler “nascondere” chi produce.
Ho pensato che fosse una questione culturale, di tutela, di mancanza di interesse verso questo aspetto o perché no, UNA MEZZA VERITÀ.
COSA INTENDO PER MEZZA VERITÀ?
Quello che emerge dai racconti fatti un po’ in giro, sui siti e sulle riviste, sembrano dire tutti che le produzioni di borse, scarpe e così via, venga fatta tutta nelle fabbriche loro, di loro proprietà.
Da questo ne consegue che per anni si è pensato che una borsa Prada o Fendi fossero prodotte nello stabilimento di Prada o di Fendi, e non esternamente.
È un retaggio culturale su cui si è fatto tanto marketing e storytelling. Chi non ricorda le immagini di Guccio Gucci fuori dalla sua bottega o quelle delle sorelle Fendi intende a creare vicino alle macchine da cucire o quelle di Miuccia Prada. Storie che ci appassionando e ci fanno ricordare che i prodotti hanno un’anima e che hanno bisogno di essere narrati.
C’è poi un aspetto legato al giornalismo d’assalto ed alla cattiva gestione della filiera negli anni scorsi.
Cos’è la filiera produtiva?
Prendo in prestito la definizione Treccani: filièra produttiva La sequenza delle lavorazioni (detta anche filiera tecnologico-produttiva), effettuate in successione, al fine di trasformare le materie prime in un prodotto finito (ingl. supply chain). Le diverse imprese che svolgono una o più attività della filiera sono integrate in senso verticale ai fini della realizzazione di un prodotto, in contrapposizione alle imprese integrate in senso orizzontale che operano allo stesso stadio di un ciclo produttivo; con la globalizzazione dell’economia possono essere situate in paesi e continenti diversi.
Gli scandali emersi da varie trasmissioni ed inchieste, hanno sviluppato un senso sempre maggiore di chiusura da parte dei grandi brand, nel raccontare “dove si producono le borse”.
Così gli artigiani e le loro botteghe sparse per l’Italia vengono percepiti come creatori di prodotti loro, magari a prezzi accessibili perché vengono direttamente dalla fabbrica.
In questo mare di squali ha cominciato a dilagare il parallelo e la sottovalutazione del problema, che ha reso ancora più protezionisti i brand del lusso. (Guarda i video in cui ne parlo: COSA SONO LE BORSE PARALLELE )
Negli anni più recenti, c’è stata un’evoluzione ancora e tantissimi brand hanno cominciato a mettere le basi e poi concretizzare, lo sviluppo di fabbriche proprie: chi creando da zero e chi acquisendo i terzisti più grandi che avevano. Questo è accaduto soprattutto in Toscana e tra i brand che hanno creato le loro fabbriche, troviamo: Gucci, Ysl, Celine, Louis Vuitton.
In Francia ovviamente ci sono le fabbriche di Lv, Dior, Chanel e così via.
Insomma per immagine e controllo, i brand hanno cambiato rotta.
Sapendo di non poter controllare tutta la filiera con gli strumenti che hanno e per dare risposta alla domanda frequente dei consumatori, su “dove si producono le borse”, la risposta che è stata data è questa.
I terzisti, sub-fornitori o come vogliamo chiamarli, restano comunque e fanno il loro lavoro, migliorando sempre di più, ma restando comunque nell’ombra.
Torniamo ai nostri giorni, fatti di quarantena e riorganizzazione del lavoro.
I nostri giorni fatti di interrogativi e ricerca di risposte a domande nuove.
In questi giorni, quello che ti ho descritto sopra, ha prodotto come primo risultato l’INVISIBILITÀ del settore produttivo che ha visto di nuovo un po’ di luce ed apprezzamento, nella riconversione per produrre mascherine e camici.
La moda ha avuto bisogno di convertire per far scoprire il suo ruolo sociale, possibile?
L’invisibilità del settore ha portato a sminuire il lavoro che tanti artigiani e brand fanno da anni, restando in Italia, pagando le tasse, creando occupazione e creando prodotti che nel mondo ci apprezzano.
La pelletteria è il motore trainante del Made in Italy e dell’Italia che produce.
Le varie associazioni provano mettere pezze qua e la, per raccontare qualcosa che ora non si ha la voglia e l’interesse di ascoltare, perché ritenuta poco importante davanti a problematiche evidentemente più seri, che siamo chiamati ad affrontare.
COSA PUÒ COMPORTARE QUESTA CARENZA DI INFORMAZIONI DEL SETTORE?
La prima conseguenza diretta è che si perderanno tante aziende e tanto know-how. Si faceva fatica a trovare manodopera specializzata prima, dopo la crisi sarà ancora più complesso.
La normativa vigente e rimodulata negli ultimi anni ha favorito la tutela dei sub-appalti, rendendo in solido, responsabili i brand dei contributi e di altri aspetti dovuti, quando si dà lavoro all’esterno.
Lo hanno fatto per evitare, come accadeva anni addietro, che cambiando un manager, cambiassero tutti gli attori in campo e che un sub-fornitore si trovasse senza lavoro da un giorno all’altro.
Ovviamente nessuno si sente di dare il peso finanziario, che nemmeno lo Stato può prendersi di tutte le aziende della filiera ma una riflessione va fatta:
SI PUÒ TROVARE UN MODO SOLIDALE E NON SOLO LEGALE, DI SOSTENERE LA FILIERA “INVISIBILE” DEL MADE IN ITALY?
Io ci sto ragionando da un po’ ma ho a cuore anche la tua opinione.
Se ti va condividila.
Un abbraccio grande
Ornella
Ps
Parlo di questo anche nei video che pubblico su YouTube. Trovi il link qui: CANALE YOUTUBE
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