Chiusi la Domenica: non serve se la Giugla resta aperta…

L’Italia è, quasi, l’unico paese europeo a non possedere alcuna restrizione in merito agli orari di apertura e chiusura delle attività commerciali, nei weekend; non esistono regolamentazioni né per i piccoli commercianti, né per le grandi catene (supermercati e centri commerciali). Di seguito, una tabella riassuntiva (fonte: Confcommercio), che elenca le regole vigenti nei principali paesi Europei:


Questo fa pensare. L’assoluta libertà delle attività commerciali, in un paese come il nostro, è un beneficio? O, al contrario, la mancanza di una legislazione a riguardo, finisce per creare una indisciplinata gestione della società e delle sue abitudini?
Domanda difficile.
Da un lato, la possibilità di avere a disposizione negozi e supermercati sempre aperti, aiuta numerose famiglie, le quali, affogate nello stress lavorativo settimanale, non riescono neppure ad effettuare la spesa quotidiana. E’ la nostra società: dinamica, veloce, sempre in ritardo. Per cui, andare al supermercato di domenica è la risposta ad uno stile di vita, quasi imposto, o comunque doveroso. I centri commerciali, sempre disponibili e sempre forniti, rappresentano lo specchio di una comunità che, ora, vogliamo combattere, ma che è figlia delle nostre scelte e dello stile di vita che abbiamo eletto sovrano.
Ecco che la questione diviene, man mano, sempre più complessa.
Sì perché, dall’altro lato c’è il bisogno biologico di “ritornare” alle domeniche di un tempo: la famiglia, il riposo, il gelato dopo pranzo, i parenti che tornano a farti visita, con i dolci in una mano e la partecipazione di matrimonio, nell’altra (ops!).
Insomma la chiusura domenicale significherebbe avere un denominatore comune: il giorno festivo. Un collante sociale che ritornerebbe, dopo essere stato, per molto tempo, ingrigito dai turni al supermercato e la spesa di carne e verdura.
Per cui, tutti sarebbero “liberi” la domenica, in modo da poter passare del tempo assieme.

I PICCOLI COMMERCIANTI

Quella Del Ministro Luigi di Maio è, tra l’altro, una manovra che vorrebbe avvantaggiare i piccoli commercianti, i quali, vedrebbero ridursi i tempi lavorativi dei grandi nemici s.p.a, traendone beneficio; ebbene, questo risvolto socio-economico, senza dubbio, donerebbe piacere a molte persone, me compresa.
Tuttavia, valutando la questione con una poderosa lente di ingrandimento (o semplicemente da un altro punto di vista), ci si rende conto di un po’ di cose.
Purtroppo, essendo pienamente sinceri, dobbiamo ammettere che l’assetto lavorativo di certi “piccoli negozianti” non è dei migliori, in termini legali, soprattutto per quello che concerne la posizione dei loro dipendenti. Imponendo la chiusura dei grandi colossi e permettendo, allo stesso tempo, l’apertura, in alcuni casi specifici (festività natalizie e luoghi turistici) ai piccoli commercianti, si incrementerebbe una schiavitù, già da tempo nota.
A Napoli, come in altre città, ad esempio, esistono commesse/i di piccoli negozi che lavorano più di 8 ore al giorno (sotto natale, anche 14) ricevendo corrispettivi economici, drammaticamente, bassi: si parla di 500/600 euro mensili. Il più delle volte, questi lavoratori hanno firmato contratti part-time, altre volte non hanno firmato nulla, poiché lavorano “a nero”, quindi senza alcuna tutela.
Per cui, l’aumento del lavoro per l’imprenditore, sarebbe solo a discapito dei dipendenti, sempre più schiavi di una vita precaria e priva di concrete speranze. Questo è il cambiamento che vogliamo? Vogliamo riunirci a pranzo la domenica e dimenticare quali sono i veri cardini su cui dovrebbe girare un sistema felice?
Regolamentare le chiusure domenicali è una decisione doverosa, ma bisogna possedere strumenti di controllo. Bisogna supervisionare con efficenza se si vuole, realmente, arrecare benessere ai cittadini. in fondo, viviamo in un mondo sempre aperto, in cui i negozi, le nostre attività e i nostri pensieri sono, decisamente, H24. La direzione globale è questa.

IL PROBLEMA NON E’ L’ORARIO, MA I LAVORATORI

Senza dubbio, la qualità della vita sarebbe, notevolmente, scadente se i centri commerciali finissero per diventare l’attività principale del fine settimana, ma questa è una considerazione che deve essere fatta soggettivamente, se si vuole essere padroni della propria serenità.
In ogni modo, è corretto intervenire nella giungla economica in cui ci troviamo, ma lavorando anche su altri versanti, come quello del controllo.

La questione drammatica non è tanto la fascia oraria, che, se vogliamo è stata, fin dall’inizio con Carrefur, quasi profetica del futuro che stiamo costruendo; il problema principale, a mio avviso, è la condizione lavorativa che, al contrario, dell’apertura continua, è dis-continua e molto precaria. Come si legge in un interessante articolo dell’Internazionale, “Il contratto collettivo nazionale per gli addetti al commercio è una specie di strano feticcio”. Spesso, infatti, i lavoratori non sono dipendenti dell’azienda, ma di cooperative esterne o agenzie interinali, con contratti a tempo determinato, part-time o orario.

Per cui, dal piccolo commerciante fino le grandi catene, il punto debole è sempre il lavoratore e la mancanza di stabilizzazione. Se la maggior parte della collettività (ossia i lavoratori) non dispone di mezzi economici, l’economia non si alimenta e non cresce. E’ su questo che lo Stato dovrebbe intervenire maggiormente. In pratica, stiamo edificando un futuro surreale: enormi edifici all’avanguardia sempre Aperti, ma Vuoti. Uno scenario estetico che si nutre di sè stesso, un Narciso immobile e malinconico.

CONTROLLI SUGLI ACQUISTI

Un’ulteriore inchiesta dell’Internazionale, ha indagato sulle aste on-line che un supermercato famoso (quello della “spesa intelligente”), avrebbe usato più volte, per acquistare enormi quantità di prodotti agricoli a bassissimo costo, a discapito di fornitori e di agricoltori.  Tale catena (e molte altre) riesce a comprare sottocosto prodotti di prima necessità. Ovviamente, questo circolo monetario costringe i fornitori ad accettare questo subdolo ricatto, se vogliono restare “sul mercato”. Queste aste al ribasso non sono propriamente legali, ma continuano ad esistere e a creare la silenziosa schiavitù dei manovali contadini, che sono il primo “taglio” nelle spese economiche di un produttore.
Da questo, segue che: bisognerebbe intervenire in diversi modi nell’esistenza delle Grandi Catene: i loro contratti lavorativi (precari) e le grandi manovre monetarie (oscure) stanno consumando l’economia del paese, mantenendola nelle mani strette di un’oligarchia seduta in salotto.

E’ in questo modo che lo Stato si occuperebbe dei piccoli imprenditori (strozzati dalle Tasse, dai contributi, dalla povertà d’acquisto), degli artigiani, dei lavoratori che incontriamo in metropolitana…

GLI ESUBERI

Cosa succederà, invece, con questa manovra? Esuberi. Il fine settimana è il momento più florido per i Centri commerciali: con la chiusura delle porte, i negozi all’interno subiranno un drastico calo nell’introito. E chi pagherà questo? I dipendenti, chiaro. Ci saranno riduzioni di ore lavorative, licenziamenti e probabilmente le chiusure dei negozi. A cosa sarà servito?
Senza dubbio, potremo invitare zia Caterina a pranzo, ammesso che il pranzo ci sia, ammesso che quel negozio ormai chiuso non era il nostro.
Ad esultare della proposta di legge, invece, è la Chiesa, la quale spera in un aumento dei seguaci per la messa domenicale. Ma anche la Chiesa dovrebbe farsi qualche domanda e chiedersi se questo è il modo migliore per acquistare fedeli o se, magari, ce se sono altri, più necessari.

ORA, MAGARI, VI STARETE CHIEDENDO…ma perché un’imprenditrice che si occupa di borse e pelletteria, si interessa in particolare modo alla regolamentazione degli orari? Beh, lavorano per l’azienda di famiglia, più di 2o dipendenti, i quali, hanno a disposizione solo il fine settimana per l’organizzazione “casalinga” e la gestione degli acquisti. Magari, a loro farebbe piacere avere una giornata in più per “pensare” al resto della settimana, oppure a se stessi: fare shopping, ad esempio! Lavorare per poi non poter spendere i propri soldi, diventa frustrante a mio parere….PER CUI, se vogliamo restituire dignità all’intera collettività, facciamolo in modo sano e reale: aumentiamo il potere d’acquisto e ridimensioniamo le LIBERTÀ dei grandi colossi, ma non solo quelle “orarie”.

SEI D’ACCORDO CON IL MIO PUNTO DI VISTA? LASCIAMI UN COMMENTO E CONFRONTIAMO LE NOSTRE OPINIONI…E’ IL MODO PIU’ SANO PER VIVERE I SOCIAL!

Ornella Auzino

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