Cosa ti stanno vendendo, VERAMENTE, quando ti parlano di borse Made in Italy?

Sono mesi che passo notti insonni a pensare se scrivere o meno questo articolo. Non voglio creare allarmismo esagerato ma sono convinta che certe notizie non si diffondano per un motivo ben preciso.

Il motivo principale è che le grandi case di moda, i brand del lusso, definite dagli addetti ai lavori, non vogliono che si sappia davvero dove si producono le loro borse, così come il resto degli accessori.

Scrivo questo articolo per darti le informazioni che possono esserti utili quando compri una borsa nuova. Comprare una borsa non è una semplice scelta, perché quell’oggetto che noi scegliamo con tanta cura e voglia di apparire, ci porta a fare tanti discorsi interni.

Ti dico questo perché è ovvio che chi compra una borsa taroccata lo fa per sembrare chi non è e lo fa in maniera del tutto consapevole. Esistono comunque persone che si affidano al negozio di fiducia, piuttosto che al sito Internet garantito, e vengono truffate. Ti sono vicina amica se sei una di quelle!

Alla stessa maniera chi compra una borsa originale, la sceglie per due motivi:

  • Essere invidiata da chi non si può permettere quella borsa;
  • Essere copiata da chi potendosi permettere la borsa, sarà comunque seconda.

Tutto quello che ci raccontiamo per giustificare poi l’acquisto, sono tutti preconcetti culturali che si fanno fatica a superare.

Hai presente la frase retorica:

Io non spenderei mai 1000 euro per una borsa fatta dai cinesi a 20 euro!”

Questa è una delle peggiori ma c’è anche quella:

“Eh ma i brand del lusso sfruttano e poi si fanno pagare tanto”

In questo marasma di luoghi comuni e frasi senza senso, tu da che parte stai?

Quando qualcuno mi fa domande del genere io rispondo in genere:

<< Ti chiedi mai quanto costi produrre una Mercedes?

Ti chiedi mai quanto costino le materie prime per preparare un piatto nel ristorante di Cracco?>>

Comprare una borsa ha gli stessi canoni di scelta.

Compri la borsa perché è un oggetto che ti somiglia, ti rappresenta e ti fa sentire più bella.

Questo porta con sé tutta una serie di emozioni belle e gratificanti, che aumentano man mano che aumenta lo stile e l’unicità di quello che indossi.

Con gli anni il concetto di lusso e di design, si è legato sempre più al concetto di fatto in Italia. Un capo, una borsa fatta in Italia, porta con se tutto un valore che da solo vale il prezzo di quello che stai comprando. Di continuo senti attraverso Tg, trasmissioni TV e giornali, che il Made in Italy è un brand forte, che vende tanto.

Quando parlo di brand “Made in Italy” intendo quella percezione di fatto a mano, di competenze messe al servizio di un oggetto e di creatività. Vedi un uomo chino sul suo banco a lavorare, con il grembiule e gli attrezzi da lavoro in mano. Senti le macchine da cucire che battono punto per punto. Senti il brusio degli altri operai che rendono sempre più completa quell’opera d’arte. Se chiudi gli occhi, puoi vedere, annusare e sentire tutto quello che succede in una fabbrica di un artigiano italiano.

Per questo con gli anni il valore di questo, il valore percepito, è aumentato sempre di più.

Il prodotto italiano è unico perché ogni artigiano che lo confeziona ha una storia, un territorio ed un’esperienza che non è replicabile, ma solo tramandabile da padre in figlio. Negli anni questo valore è diventato aspirazione e tanti hanno cominciato a copiarlo

 

E’ verissimo che mettere Made in Italy è un valore forte per chi compra la borsa, ma diciamoci tutta la verità:

  • Non sai chi te la produce davvero;
  • Non sai se è fatta tutta in Italia, visto che la legge non obbliga a produrre tutto qui;
  • Non sai se poi serve davvero.

Molto spesso mi sono imbattuta in borse fatte in Cina, perfette e anche belle.

Il Made in Italy molto spesso lo usano solo per maggiorare il prezzo e non danno davvero valore.

Nella logica delle cose, un’azienda seria che commercializza borse deve controllare la filiera. Per filiera intendo tutti i fornitori che contribuiscono a creare la borsa che compri nel negozio. Controllare la filiera molte volte non basta, perché magari un fornitore, ha un sub fornitore, modello matriosca, e non si può davvero controllare tutto. Diciamo allora che aziende che certificano in qualche modo la loro filiera già sono un passo avanti.

Io trovo altamente corretto quello che fanno alcune aziende e marchi, cioè segnalare con grande tranquillità che producono in Cina o in Romania.

Lo fa Armani per la linea Jeans, ad esempio e pur riconoscendo che Re Giorgio è l’eleganza italiana per eccellenza, ho molto apprezzato questa cosa.

Perché quello che troppo spesso ti vogliono vendere, mettendo Made in Italy, è solo una maggiorazione del prezzo senza dare alcuna spiegazione.

Sono anni che combatto una battaglia ed ho fatto anche un video su questo.

Qual è la mia battaglia?”

La mia battaglia è quella di distinguere le aziende serie da quelle che vogliono fare le furbette. Ogni azienda deve citare i suoi fornitori.

Allo stato attuale nessuno lo fa perché implicitamente ci sono due paure:

  1. Il fornitore fallisce o truffa e rovina l’immagine del brand;
  2. Il fornitore viene corteggiato e ho meno capacità contrattuale.

“Stai sicura che queste saranno le critiche che mi muoveranno per questa battaglia. Ma perché lo faccio?”

Lo faccio prima di tutto per te, che spendi i soldi per una borsa che deve rappresentare il tipo di donna che sei. Nulla di troppo filosofico.

 

Dico sempre alle mie amiche che se una borsa è bella, lo è per tanti dettagli. Nulla contro le borse NON prodotte in Italia da italiani, ma bisogna scriverlo.  Non esistono modi per farti capire se a monte la borsa è fatta in Cina o in Italia, da un artigiano che lavora onestamente o da una che lede continuamente i diritti dei lavoratori.

Bisognerebbe che noi donne chiedessimo a gran voce la certificazione della filiera, ma quella reale.

Amica mia, non so te, ma io mi sono un po’ stancata di tutti queste carte e di questi burocrati, che vogliono venderti fumo spacciandolo per arrosto. Voglio spendere tanto anche, ma darli a chi mi da informazioni.

In questa battaglia che somiglia un po’ a quella di Don Chisciotte mi sento un po’ come “Sancio Panza” nel celebre passo del romanzo:

A questo punto scoprirono trenta o quaranta mulini a vento che si trovano in quella campagna, e non appena don Chisciotte li vide, disse al suo scudiero:

La fortuna va incamminando le nostre cose assai meglio di quanto potremmo desiderarlo, perché guarda lì, amico Sancio Panza, che ci si mostrano trenta e più smisurati giganti, con i quali ho intenzione di azzuffarmi e di ucciderli tutti, così con le loro spoglie cominceremo ad arricchirci, che questa è buona guerra, ed è fare un servizio a Dio togliere questa mala semenza dalla faccia della terra“.

Che giganti?” disse Sancio Panza.

Quelli che vedi là“, rispose il suo padrone, “dalle smisurate braccia; e ce n’è alcuni che arrivano ad averle lunghe due leghe”.

Badi la signoria vostra“, osservò Sancio, “che quelli che si vedono là non son giganti ma mulini a vento, e ciò che in essi paiono le braccia, son le pale che girate dal vento fanno andare la pietra del mulino.”

Si vede bene“, disse don Chisciotte, “che non te n’intendi d’avventure; quelli sono giganti; e se hai paura, levati di qua, e mettiti a pregare, mentre io entrerò con essi in aspra e disugual tenzone.”

E così dicendo diede di sprone al suo cavallo Ronzinante, senza far caso a ciò che gli gridava Sancio Panza, per avvertirlo che erano certamente mulini a vento, e non giganti, quelli che andava ad attaccare. Ma lui era talmente convinto che erano giganti che né sentiva le grida del suo scudiero Sancio, né s’accorgeva, nemmeno ora che era arrivato vicino, di ciò che erano; anzi gridava a gran voce:

Non scappate, codarde e vili creature, che è un cavaliere solo chi vi attacca“.

Ho creato un canale YouTube dove ti accompagno alla scoperta dei segreti e delle novità del mondo delle borse.

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