Formazione per le firme del Lusso. Serve davvero?
Sono ben note le evoluzioni positive che la pelletteria italiana sta ottenendo.
Dopo anni di buio completo, prende sempre più forma l’importanza di valorizzare la manodopera ed il settore, come motore trainante dell’economia italiana.
In questi giorni, leggendo gli articoli di giornale e sui vari blog, ho notato un cambiamento profondo di rotta.
Ho pensato che fosse utile e interessante potermi confrontare con te e capire in che direzione stiamo andando.
Questo è il primo di una serie di articoli che sto mettendo giù, per evidenziare anche gli angoli più nascosti.
Per poterci occupare del futuro non possiamo esimerci dall’analizzare quello che è successo nell’ultimo ventennio.
Per rendere più facile la comprensione di quello che sta accadendo alla pelletteria, voglio presentarti un amico “immaginario”, un po’ come quando da piccolo, eri solo e parlavi con questa persona che vedevi solo tu.
Per comodità chiamerò questo amico immaginario Alessandro e con lui avrò una piacevole chiacchierata e spero che sia lo stesso anche per te che leggi.
Io: “Ciao Alessandro come vedi la situazione attuale della pelletteria italiana?”
Alessandro: “ Nell’ultimo periodo stiamo assistendo ad un forte cambiamento nelle strategie di produzione delle grandi firme del lusso, ovvero stiamo passando da una produzione diffusa sul territorio italiano, fatta da aziende artigiane di micro/piccole dimensioni, ad una produzione internalizzata presso fabbriche di proprietà e/o presso fabbriche di dimensioni importanti, che comunque affidano commesse a terzisti molto più strutturati rispetto a prima.
Io: “ In pratica, se ho ben compreso, stai dicendo che le fabbriche piccole stanno scomparendo, perché vengono acquisite dalle grandi firme direttamente o dai loro fornitori strutturati. Ma come si è arrivati a questo?
Alessandro: “ Cercando di analizzare le ragioni per cui ciò sta avvenendo non possiamo non tenere conto di quanto è accaduto precedentemente nel tessuto produttivo.
Le Grandi Firme hanno appaltato le commesse di pelletteria per molto tempo a fornitori di primo livello, che a loro volta sub-appaltavano a fornitori di secondo o terzo livello.
Questo ha permesso di tenere i costi bassi senza rischi per le stesse Firme del Lusso ma al tempo stesso ha fatto si che si sia perso nel tempo Know how e Skills non solo tecniche ma anche in merito alla gestione della produzione e pianificazione.
Io: “ Quindi l’interesse economico ha oscurato le prospettive di lungo periodo. Cosa è accaduto con questa frammentazione?
Alessandro:” Mentre i fornitori di primo livello diventavano gestori di produzione, pianificazione e logistica, i secondi livelli diventavano i meri esecutori della produzione, ma senza nessuna competenza da un punto di vista gestionale.
Quella che tu chiami frammentazione deriva, appunto, dal fatto che le le competenze si sono parcellizzate.
Le Grandi Firme si sono sempre più specializzate nelle vendita e nella realizzazione di collezioni più performanti.
La conseguenza diretta è stata che i primi livelli si sono specializzati nella realizzazione dei campioni/prototipi e nella gestione della produzione.
Produzione che poi affidavano ai fornitori di secondo e terzo livello, che a loro volta si sono specializzati soltanto sulla mera esecuzione dei manufatti, eseguendo anche solo alcune fasi della lavorazione.
Io: “La carenza di manodopera qualificata è stata generata da questo scenario?”
Alessandro: “ Se ci pensi, Ornella, in questo modo le micro aziende hanno pensato quasi esclusivamente alla profittabilità e/o alla sopravvivenza senza generare nuove maestranza, nuova manodopera qualificata.
Per avere più margini hanno sfruttato al massimo gli apprendisti del momento.
Tutta questa parcellizzazione o specializzazione di mansione della catena di montaggio, ha portato ad un appiattimento delle competenze.
Per farti un esempio: Persone relegate all’incollaggio delle fodere per anni, senza passare ad altro.
Da un lato ha portato giovamenti economici, tenendo bassi i costi di produzione, dall’altro non ha permesso alle aziende di avere un’economia di scala tale da poter sviluppare all’interno un processo di sviluppo, di know how e di tecnologie all’avanguardia.”
Per ora la chiacchierata con Alessandro si ferma e mi vengono un po’ di riflessioni.
Uno scenario apocalittico, di cui se ne aveva presagio ma per tempo non si è fatto nulla.
Ora si piange e si rincorre quello che si è perso: il tempo!
Analizzando le cose a mente fredda verrebbe da dire che magari, ora fare i professori, son tutti bravi, compresa io che sto scrivendo questo articolo 🙂
L’intento non è questo, ovviamente, ma quello di avere più il polso della situazione e soprattutto di non ripetere gli stessi errori.
Tanto si è fatto e si sta facendo per poter rimediare ed in parte tutto quello che è successo ha aperto un grande interrogativo: Cosa sarà della pelletteria tra dieci anni o anche meno? ( Se ti va tempo fa ho fatto un video in cui parlo di questo e lo trovi qui >> https://youtu.be/OPlMxdsOuK4 )
Eh a dirti la verità, ho letto e riletto queste righe e quello che ne esce fuori è che probabilmente la formazione che facciamo oggi, non colmerà l’esigenza vera delle aziende del futuro.
Le aziende del futuro hanno davvero bisogno di mani o le mani servono solo per vendere più borse? Magari approfondisco in un altro articolo, se ti va..
Tornando alla situazione attuale, la sfida è molto grande.
Far innamorare i giovani di questo lavoro, della pelletteria.
Esistono i presupposti per farlo?
Le grandi aziende si stanno trasformando in catene di montaggio iperspecializzate.
La stessa situazione di qualche anno fa, si sta di nuovo manifestando.
C’è un elemento in più a farmi preoccupare ( o magari sono ansiosa io..) ed è che c’è un’elevata meccanizzazione e le fasi che prima si dividevano in tre, ora vengono svolte da un operatore e delle macchine.
La partita si gioca tutta li.
In un mercato globale che fagocita prodotti, senza spesso chiedersi nemmeno chi li produce, c’è un mondo nascosto che si adopera per essere sempre più efficiente e performante.
I grandi numeri hanno sostituito la qualità, intesa anche come tempo e diversità del prodotto finito.
La formazione e le firme del lusso, sembrano un’altra volta mondi paralleli che non si parlano.
Si chiedono artigiani pellettieri e si inseriscono nelle boutique produttive uomini-robot.Che senso ha?
Che futuro ha la pelletteria italiana se si continua a far finta di non vedere?
Siamo molti più vicini al modello produttivo cinese ma senza gli stessi costi ( noi siamo più cari).
Siamo molto lontani dalle botteghe artigiane, dove la pelle emanava profumi e i colori dei fili e delle tinte, davano vita ad un’orchestra disensazioni.
Continueremo a formare artigiani per aziende sempre più robotizzate?
Per ora mi fermo qui ma so che l’argomento ha molta ma molte sfumature che se ti va, continueremo ad analizzare.
Aspetto la tua opinione e grazie del tempo che mi hai dedicato.
“Compra sempre Borse Originali”
Ornella
Ps
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È un bella riflessione,però il marketing ha portato le firme ad un livello di diffusione cosi alto e veloce,che ora tutti quelli che producono per loro si trovano in queste condizioni. Formare robot o formare artigiani veri? Bisogno avere il coraggio di incubare piccoli progetti e aiutarli a crescere,senza dimenticare la dignità delle mani e del lavoro artigianale,e ricorda bene,gli artigiani hanno iniziato a soffrire quando qualcun’altro ha iniziato ha vendere i loro prodotti scrivendoci il suo nome sopra,ma il business è fatto così.è la legge della domanda e dell’offerta.
Enrico grazie mille di questo commento. “Bisogno avere il coraggio di incubare piccoli progetti e aiutarli a crescere,senza dimenticare la dignità delle mani e del lavoro artigianale” assolutamente d’accordo ed è il motivo per cui ne parlo così tanto.
Grazie e a presto
Non ho moltissima esperienza nel settore pelletteria e come ben sai sono novella! Ma ho avuto modo anni fa di far par di una catena di montaggio per un noto marchio internazionale che si occupava di produzione scarpe e non voglio esagerare il 99% dei lavoratori nonnsapeva minimamente cosa stesse facendo, perché un tipo di rinforzo anziché un altro, piuttosto di un tipo di rifinitura o altro, compresa me assunta in apprendistato e ancor più ignorante su ogni singolo passaggio eseguivo solamente senza capire,qualora ci fosse stato to un errore quale sia. Credo fermamente che a lungo andare tutta una serie di decisioni di lavorazione hanno abbasssto notevolmente la qualità del prodotto facebdolo passare quasi per dozzinale… Forse qualcuno ha fatto un passo indietro cercando dk risolvere e si, ci sarà un gran bel buco generazionale :partebdo da un presupposto di pregiudigi che denigrano e nn danno la giusta importsnza al lavoro manuale e ad un papabile mestiere, da guovani che non si sporcano più ke mani e non fanno sacrifici e dall’altra parte, nonostante note aziende e brand hanno fatto un passo indietro non hanno rispetto per chi lavoro con adeguati stipendi e orari sempre per il famoso “dio denaro” wuando il successo di un ‘azienda non la fa il capo o i soldi ma chi ci lavora. Attendo i prossimi articoli riguardo questo argomento! Ciao Ornella
Dalila grazie di questa analisi approfondita e sentita. Sono convinta che bisogna creare un nuovo concetto di lavoro manuale e trasmettere passione a chi vuole fare, un lavoro faticosa ma ricco di opportunità.
Beh io sono di Roma, e dopo aver lavorato a Terni per un anno e mezzo in un laboratorio artigianale, che produceva borse in pelle e materiali plastici, mi sono innamorata di questo lavoro!
Ho capito lavorando così da vicino, per un piccolo brand, appena nato,
che una fase mancante era proprio la capacità tecnica di realizzare dei cartamodelli,
da un disegno o un’idea.
Venendo io dall’accademia di belle arti di Roma, riuscivo a farlo,
ma con un eccessivo impiego di tempo e con un’infinità di correzioni da fare.
Tornata a Roma, per motivi che non sto qui a spiegare, ho cercato insistentemente un modo per non dover abbandonare questa occupazione, che poi è una passione.
Pensavo di poter trovare corsi/scuole, o un artigiano volenteroso di insegnare,
per acquisire le competenze necessarie, ma nella capitale ahimè ho avuto delle difficoltà.
I pochissimi corsi che si trovano o sono molto cari, o non rispondono affatto all’idea di artigianato di cui si parla in questo blog.
Insomma per non far perdere questa grande risorsa italiana, bisognerebbe aprire i laboratori, accettare l’aiuto di un giovane o mediamente giovane che vuole imparare,
e rendere accessibili i costi delle suddette scuole.
Si accettano suggerimenti e consigli.
Ciao Daria
Ciao Daria, che bello leggerti e mi auguro che possa realizzarsi quello che hai descritto.
un abbraccio grande