
La produzione è aumentata, ma non c’è la manodopera: lo strano caso di Napoli
A Napoli, negli ultimi tempi, cresce considerevolmente la produzione,
ma non se ne parla.
Mi riferisco alla produzione delle pelli, per cui borse, portafogli, scarpe e
via dicendo…
Il fatto che non se parli a livello nazionale è quasi impercettibile, poiché
siamo abituati ad essere dibattuti solo in caso di stese camorristiche o
di un nuovo record di qualche pizzaiolo che riesce ad impastare con i
mignoli, del piede, e in completa apnea.
La questione, tuttavia, è che anche localmente non si conoscono
certe verità. Verità, a mio parere, fondamentali per la collettività.
I napoletani, infatti, ignorano la floridezza che, attualmente, interessa
soprattutto i grandi produttori partenopei. I quali, a loro volta,
distribuiscono il lavoro ai più piccoli.
Si è creata, in pratica, una sorta di rete.
Come, del resto, si ignora che i brand di lusso di fama mondiale producono nella nostra città.
Molte ombre, in definitiva. Ma la realtà aziendale napoletana non è un soft-porno degli anni 70:
Questo Vedo-Non-Vedo non è crea interesse, anzi lo distrugge.
COSA ACCADE NELLE RETROVIE
Quando vi è una crescita nella produzione e quindi aumenta il lavoro,
aumenta, inevitabilmente, la competizione.
E da noi la partita si gioca sulla manodopera: gli imprenditori lottano per
accaparrarsi gli operai più specializzati.
Il problema effettivo è che siamo carenti di manodopera specializzata;
proprio così: abbiamo molto lavoro, ma manca la forza lavoro.
Sembrerebbe paradossale per una città con seri problemi di fuga
giovanile e con un tasso di disoccupazione sopra la media, ma invece è
così.
Probabilmente è l’ennesima contraddizione del nostro territorio, ma è
una realtà che non si deve ignorare.
Questo accade perché manca la formazione, manca il trasferimento
della conoscenza e delle professioni.
A mio avviso, se ci fosse più informazione attorno a tutto ciò, molti
giovani si fionderebbero ad imparare e a crescere in azienda.
Ma, come dicevamo prima, non se ne parla.
E’ la mentalità aziendale che deve cambiare, e con essa, le figure
interne alle aziende: per esempio l’introduzione di ingegneri nelle
grandi aziende e di figure professionali di rilievo, nelle piccole
aziende. Persone che sappiano, insomma, coordinare e gestire il lavoro, poiché
la partita si giocherà anche nel campo dei tempi e dei costi.
Se non ci sarà un’evoluzione in questo senso, il settore delle pelli
potrebbe collassare su se stesso:
Bisogna prendere ossigeno dall’esterno per mantenersi in vita, questo
so.
Investire sulla formazione e sulla manodopera permetterà ai piccoli
imprenditori di sopravvivere alle grandi aziende e di poter essere
competitivi sul mercato.
Insomma, qui abbiamo la materia prima, cioè la conoscenza, e non
possiamo aspettare che arrivino a depredarla: dobbiamo conservarla
con cura.
Ma per fare questo c’è bisogno che le informazioni escano,
che le persone sappiano della ricchezza che abbiamo tra le mani…
per cui se vi è piaciuto quest’articolo o, magari, l’avete letto con
interesse, condividetelo.
Salve,
sono il delegato Campano dell’Unione nazionale industria conciati a, volevo informarla che da metà novembre alla borsa merci di Napoli è in corsa una mostra a cura del Museo del vero e del falso con seminari tenuti anche dal sottoscritto. Il prossimo lo terrò il 18 gennaio. La invita a visitare la mostra che sarà aperta fino a metà febbraio.
Saluti
Salve Ciro, sono informata e la seguo con interesse da fuori. Spero di incontrarla presto e volentieri
.
Grazie mille per l’invIto