Perché nessuno conosce la pelletteria Napoletana? Quattro strategie per rilanciare la tradizione pellettiera Napoletana e la sua immagine nel mondo

Questo che sto per scrivere e tu per leggere, è un documento lungo e pieno di informazioni.

Spero che ti aiuti a capire meglio in che contesto faccio l’imprenditrice e quanto ho a cuore il mio lavoro, così come tengo a Napoli.

La domanda che ormai mi attanaglia da anni.

“Perché Napoli non è leader nella pelletteria?”

 

Dai, non prendiamoci in giro, qui a Napoli, si produce ogni brand del lusso che conosci. Gucci investe tantissimo sul territorio. Dior lo ha fatto anni fa e continua a farlo. Così Prada, Chanel, LV e Fendi. Tutti i grandi fanno a gara per accaparrarsi un posto produttivo qui.

Fanno strategie e inviano talent scout a cercare il miglior gruppo di lavoro. Quello vincente dal punto di vista tecnico e affidabile. Vogliono il meglio e non è vero, come raccontano i giornali scandalistici, che pagano poco. Se vali, sono disposti a pagare e ad investire!

C’è una cosa che però non fanno. Non ne parlano. Non parlano di dove producono. Non dicono che producono a Napoli.

“Eh allora vedi che mi stai raccontando una bugia?”

Se una grande azienda non vuole dire dove produce, si vergogna!

Vergogna?

“No proprio, io la chiamo Prudenza!”

Non raccontiamoci favole, Napoli è una città meravigliosa ma con una marea di problemi se decidi di farci impresa. Non mi lamento, se resto a produrre qui. Se faccio crescere mia figlia qui ed investo su questo territorio, so di cosa sto parlando.

Napoli è piena di omertà e ricca di limitazioni.

Lo è perché se è un territorio dove se la Camorra ti fa azienda di fianco, hai difficoltà a raccontare quello che succede.

“Vulimm sta quiet! (Vogliamo stare tranquilli)”
Senti sussurrare sottovoce quando parli con le persone.

Non è colpa del popolo ma è responsabilità dell’imprenditore locale e delle istituzioni, impegnarsi per portare una cultura nuova.

Le firme del lusso che vengono qui a produrre, difficilmente si affidano ad un imprenditore “piccolo”.
Preferiscono affidarsi ai grandi gruppi che a loro volta hanno i terzisti e smistano il lavoro. E’ più facile e meno pericoloso! Questa politica, però con gli anni, ha notevolmente ridotto il valore che si produce sul territorio.

I grandi gruppi, facendo da intermediari, devono dare:

Quantità, qualità, prezzi concorrenziali = QQPc

Tutto viene scaricato sul terzista, che deve fare:

Quantità, qualità, prezzi bassi = QQPb

Diretta conseguenza di questa politica è che sul territorio resta poco o niente.

Il terzista spesso, poi, è un ex operaio, che alla parola imprenditore associa la Mercedes da sfoggiare alle cerimonie o il Rolex.

Non sa guardare i numeri, di conseguenza non sa quanto può investire, ammesso che ci siano i margini.

Non sa promuoversi e quindi resta perennemente ingabbiato nella morsa del tiranno: “Se non ti prendi il lavoro da me, devi chiudere!”. Non sa formare il suo staff, non solo dal punto di vista professionale, ma anche e soprattutto dal punto di vista umano. Gli unici investimenti che conosce sono quelli in macchinari, comprati a debito e senza una logica di rientro.

Lo fa per ignoranza e per rispettare il QQPb (Quantità/Qualità/Prezzo basso)!

Questa è la situazione che si presenta agli occhi di un qualunque investitore e di qualunque potenziale cliente. E mentre pensavo a questo, mi sono ritrovata passeggiando in mezzo alla natura a strapiombo sul mare. A destra avevo i Faraglioni ed a sinistra, un costone roccioso, con qualche dimora di lusso qua è là.

Uno spettacolo meraviglioso, ma se volessi scendere a mare?

Mi sono chiesta tra me e me, anche perché mia figlia continuava a chiedermelo. Mi sono guardata intorno e mi è venuto un attimo il fiato corto.

Ho il mare sotto, in effetti. Un mare blu intenso, calmo, con piccole aree verdi. Fondali visibili e qualche scoglio qui e la, su cui si infrange la marea. Mia figlia continua ad insistere, di voler andare li, su quella spiaggia meravigliosa. In effetti, mi sento anche io attratta da quella spiaggia e provo a cercare una viuzza per arrivarci. Alla fine ci riusciamo, con enorme fatica, scendiamo non so quanti scalini ed il ritorno è stato ancor più faticoso. Mi sono chiesta come mai in un luogo così turistico, c’è così poco accesso alle sue meraviglie. Basterebbe fare scale e segnaletiche, cosicché il turista non perda ore ad ingegnarsi.

Così mentre sono in spiaggia e chiacchiero con mio marito, mi è tornata in mente la questione di Napoli e della pelletteria.

 

Come si può rendere più agevole l’arrivo di nuovi lavori a Napoli?

Ecco a te le 4 strategie di rilancio:

  • Aziende che si uniscono in “associazione di categoria”;
  • Fiera di settore;
  • Creazione di scuole di pelletteria;
  • Promozione del territorio attraverso strategie di marketing.

Aziende unite in “associazioni di categoria

Quando parlo di aziende che si uniscono in una sorta di associazione di categoria, è perché trovo inverosimile non avere un’associazione o comunque un consorzio di categoria, in un territorio in cui 6 aziende su 10 sono terzisti.

Perché non esiste?

I motivi per cui non esistono forme aggregative di questo tipo sono di diversa natura. Quella più radicata è la componente familiare delle aziende. Io stessa, provengo da un’azienda familiare, che con il tempo sto trasformando in azienda non familiare. Lo fai nel momento stesso in cui deleghi i ruoli cardine a persone non di famiglia. E’ un passaggio oneroso e difficoltoso, ma dà i suoi frutti nel tempo.

Ma perché gli altri non lo capiscono?

Perché si sono fermati a 20 anni fa.

Il terzista di 20 anni fa non solo è morto, e molti non se ne sono accorti, ma è anche un’arma di distruzione di massa. Il terzista vecchio stampo, quello che vende e compra le fatture false. Quello che non riesce a capitalizzare. Quello che non è mai uscito fuori da Napoli. Ha un’unica arma per difendersi sul mercato ed è abbassare i prezzi.

Questo comporta il formarsi di una finta economia, cioè soldi che girano ma non pagano le tasse per l’azienda e per i dipendenti.

Aziende che falliscono in media ogni 5 anni. Difficoltà di accesso al credito bancario e non solo. Si abbassa la capacità contrattuale e si squalifica chi fa impresa a costi ragionevoli. Aziende familiari, sono reticenti ad unirsi ad altre aziende per portare avanti progetti in comune.

C’è poi la componente dell’omertà.

Parlare tra concorrenti o semplicemente con distributori di macchinari, da cui non ci si fornisce di solito, è vista come una cosa impossibile. Basti pensare che se cambi fornitore rischi di non salutarti più con chi si rifornisce da lui.

Insomma, un clima da Medioevo e da caccia alle streghe.

Quali progetti potrebbero essere portati avanti?

Progetti in comune come:

Collaborazioni con altri territori, per rilanciare il Made in Italy;
Il mantenimento di un costo orario per borsa, come indicatore;
Sviluppo di reti di impresa che si oppongono alla criminalità locale;
Intesa con forze dell’ordine ed ispettorato per maggiore trasparenza.

Quale sarebbe il risultato?

Maggiore sicurezza da parte dei potenziali clienti, perché avrebbero un organo quasi istituzionale a cui far riferimento.

L’associazione tra artigiani napoletani pellettieri, l’ANP, potrebbe interfacciarsi con Confindustria e la Camera di Commercio, creando progetti di sviluppo e di integrazione.

Fiera di settore

Conosci il LineaPelle, il Micam ed il Mipel? Conosci anche il Pitti? Il PellePiù?

Ti ho citato le maggiori fiere del settore, dove espongono:

  • Concerie
  • Costruttori di macchinari
  • Brand di Borse, calzature, piccola pelletteria
  • Addetti al settore

Migliaia di visitatori e potenziali clienti. E’ soprattutto un’occasione per presentarsi a nuovi mercati. Quella alla quale potrebbe assomigliare la fiera di Napoli della Pelletteria, è il PellePiù.

Il PellePiù si svolge nella suggestiva Fortezza del Basso, raggiungibile a piedi dalla stazione di Santa Maria Novella.

“Eh su.. ci dobbiamo far insegnare proprio tutto da sti Fiorentini?

Tra Castel dell’Ovo, Maschio Angioino e altri centri culturali, vuoi vedere che non si riesce a trovare una location?”

Perché non si fa una fiera a Napoli?

Il motivo principale te l’ho già esposto prima. I terzisti ed in genere gli imprenditori locali, non conoscono i numeri dell’azienda. Questo comporta che non sanno quanto possono investire. Ancora peggio non hanno piani di investimenti a medio e lungo termine. In realtà non hanno nemmeno proiezioni finanziare e budget da rispettare.

Eh si, un dramma!

Fare una fiera, almeno per i primi 5 anni, significherebbe fare investimenti privati. L’imprenditore prende i soldi ed invece di schiantarseli con l’auto nuova, o la ristrutturazione di casa, li mette in questo progetto. Bisognerebbe strutturare i vari uffici o delegare a chi già queste cose le fa e le fa bene.

Secondo problema.

L’imprenditore napoletano è poco abituato ad investire soldi propri e di solito usa i fondi statali o europei.

VANTAGGI?

Innumerevoli, se pensi anche solo all’impatto mefitico che potrebbe avere.
Napoli si potrebbe presentare come territorio specializzato nella produzione per conto terzi, della pelletteria di qualità, riuscendo a rispondere in tempi veloci, alle necessità di ampliamento delle produzioni.

Il supporto dello stato, potrebbe avvenire attraverso la velocizzazione delle procedure di concessione delle Asl e di tutte le certificazioni. Meno burocrazia e riqualifica di aree industriali, creando intorno tutti i servizi necessari.

Ad esempio:
10 fabbriche, 3 ristoranti, 1 palestra, 2 supermercati, 1 scuola, 2 asili, e così via.

Altro beneficio, sarebbe dare una finestra, dare visibilità ad aziende micro, che altrimenti nessuno conoscerebbe.

Il designer del Kazakistan che vuole produrre Made in Italy, troverebbe a Napoli il suo partner ideale.

Che ne pensi?

Sono matta?

Mi stai seguendo?

Bene allora proseguo, aspettando riflessioni e commenti da parte tua.

Creazione di scuole di pelletteria

“Ahhh la formazione, questa sconosciuta!”

Brutto a dirsi ma è così. In un territorio, in cui c’è analfabetismo pari al terzo mondo. In cui la scuola è vista come un fardello ed un parcheggio per gli insegnanti. In cui ci sono strutture fatiscenti, pubbliche. Da anni proliferano le scuole di estetica e simili.

Mi sono sempre chiesta perché non esistessero scuole che insegnassero a fare borse e altri articoli di pelletteria. Una persona, se vuole imparare, deve prendere la valigia ed andare al nord.

Per carità, bellissimo, ma non è tanto la questione dello spostamento da città In città, ma, piuttosto, sul farci insegnare cose che noi conosciamo bene e per le quali loro pagano, venendo qui a Napoli, a produrre.

Creare una scuola di pelletteria, darebbe la possibilità a tanti giovani e non di portare avanti una tradizione centenaria.

Non dimentichiamo che Napoli, a differenza degli altri territori, ha aziende quasi completamente formate, da operai italiani. Non cinesi, bengalesi, o rumeni. Siamo in prevalenza, all’90% italiani.

Conserviamo e tramandiamo il nostro sapere, le nostre competenze.

Chi è contro?

In realtà non credo che esistano persone contro una scuola di pelletteria. Non esiste di base, il bisogno di insegnare e di far crescere questo lavoro in questo territorio. Spesso, le paghe non eque e la classe operai con una mentalità statalista, pongono limiti. C’è poi che formare significa investire e noi siamo un territorio riluttante all’investimento, ma ho già spiegato sopra perché.

Vantaggi?

Alzare il livello del territorio, formando giovani e offrendo una nuova opportunità di lavoro. Le aziende si troverebbero manodopera già con una base e dovrebbero investire meno tempo a fare formazione di base.

Creerebbe nuove opportunità di lavoro reali.

Promozione del territorio attraverso strategie di marketing

Tutto quello che ti ho elencato sopra:

  • Associazione di categoria
  • Fiera di settore
  • Scuola di pelletteria

Cosa darebbero come risultato immediato?

La riqualificazione di un territorio e di un settore, quello della pelletteria, messo in ombra da anni di buoi ed omertà.

Una strategia di marketing basata sulle Pr, come insegna Al Ries.
Una strategia basata sulla distribuzione di riviste che parlano delle novità e intervistano i personaggi.
Una strategia che prevede una piattaforma attraverso la quale poter interagire con fornitori e partner.

Tutto questo, porterebbe immediatamente Napoli, in cima alle soluzioni quando un cliente ha bisogno di produrre le sue Borse, i suoi portafogli o le sue scarpe.

Chi è contrario affinché questo avvenga?

Tutte le persone che non vogliono il Bene di Napoli. Tutti quelli che hanno interesse a produrre a basso costo qui. Tutti quelli affiliati con i clan.

E mi fermo qui, ma ci sarebbe ancora da continuare l’elenco.

Ti ho raccontato qui, quello che in tanti sanno, ma che hanno paura di raccontare. Io credo sia necessario raccontare e dare vita a nuove iniziative.

E tu da che parte stai? Vuoi aiutarmi in questa battaglia?

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