BORSA DKNY, UN’ICONA DI STILE: COSA NON VA?

La Regina della settima strada ha, in realtà, diramato il suo regno in tutto il mondo, portando il suo nome, Donna Karan, come messaggero della nuova donna.

Sì, perché il brand DKNY fondato dalla famosa stilista newyorkese, nata nel 1948 nel Qeens (NY), entra in scena proprio negli anni del cambiamento, gli anni ’80; precisamente nel 1984, con il supporto di suo marito, ora defunto, Stepehen Weis.

La donna della nuova società era madre, moglie, lavoratrice, manager…una figura a tutto tondo che Donna seppe vestire adeguatamente, proponendo uno stile mixato, che metteva assieme al taglio sportivo, l’eleganza di un nuovo pret-a-porter.

Con la sua linea Seven Easy Pieces dimostrò come bastavano sette pezzi di abbigliamento, abbinabili tra loro, di taglio sartoriale e tessuto elasticizzato, per creare innumerevoli outifit, da sfoggiare dal mattino fino a sera, nella New York che non dorme mai. Non senza gli Accessori, il pezzo che personalmente amo di più!

Donna Karan è una delle figure della moda che più mi ha incuriosito negli anni: determinata e talentuosa, le sue creazioni non hanno vestito i personaggi dello starsystem americano, ma le donne delle metropoli…questi animali urbani tanto grintosi, quanto sofisticati. Del resto, la sua vita, una miscela di gioie, cambiamenti e fallimenti… è la vita di tutte noi, a metà strada tra la saggezza femminile e le sue inquietudini.

Col passare degli anni, le cose sono cambiate nella maison americana: DKNY, in pieno splendore, nel 2001, è stata ceduta a Lvmh per 643 milioni di dollari. Tuttavia, Donna deteneva ancora la direzione creativa, ma solo fino al 2015, anno in cui ha annunciato le sue dimissioni.

Un pezzo di storia che si chiude per DNKY, in vista di nuove evoluzioni.

L’azienda, dopo poco, viene ceduta alla G-III apparel group per 650 milioni di dollari, mentre Donna Karan decide di dedicarsi ad altro…

La Regina della settimana strada dà inizio ad un nuovo cammino, creando Urban Zen, una fondazione filantropica sullo studio delle culture zen; in pratica, un oasi felice nel cuore di Manhattan, che vede la presenza di molte donne famose, da Sarah Jessica Parker a Demi Moore.

Ma l’intensa carriera di Donna Karan, negli scenari della moda, ha lasciato impronte indelebili, ancora oggi, determinanti per la direzione artistica del brand, sebbene non firmata da lei.

Attualmente, DKNY si dedica a molteplici linee: dai modelli femminili alle linee uomo e kids, fino ai profumi e agli accessori; a tal proposito, ho deciso di comprare una borsa DKNY, uno dei prodotti più simbolici di questo marchio.

LA BORSA DKNY : MI PIACE QUANTO LA FONDATRICE DEL BRAND?

borsa dkny

La risposta è No. E ve lo comunico con un leggero dissapore.

Ma, prima di andare ad indagare sulle motivazioni, vediamo qualche curiosità.

Il target di riferimento per il brand DKNY è la donna, o l’uomo, dai 35 ai 45 anni: tutte quelle persone che, pur essendo “a lavoro”, non rinunciano allo stile e all’eleganza, cioè ad un outifit che possono esibire fino a sera, compresi gli aperitivi con gli amici!

I prezzi delle borse DKNY, normalmente, variano molto: si possono spendere 68 euro per una pochette basic fino ad arrivare ai 650 euro di una Hobo Bag.

IL MODELLO CHE HO SCELTO È UNA SKYLINE, IN NYLON, DAL COSTO PIENO DI 119 EURO.

Tuttavia, acquistando in saldi il mio prodotto, tramite il sito di Zalando, l’ho pagata circa 100 euro.

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La borsa è nera, con gli accessori in nickel; lo spazio interno è molto ampio e ben strutturato; un accessorio che ho apprezzato, particolarmente, è stato il cinturino porta-chiavi, indispensabile, a mio avviso, nelle borse spaziose, anche nel caso vi sia la necessità di portare con sé una pochette.

borsa dkny

QUINDI, COSA NON VA ?

Ho cercato, all’interno della borsa, qualche informazione utile circa la sua provenienza, cioè DOVE SIA STATA PRODOTTA.

Ma non ho trovato nulla!

Un brand così autorevole, famoso ed affermato NON può essere reticente sui luoghi di produzione; se non altro, per mantenere sano ed integro il rapporto con il cliente, il quale si aspetta sempre qualche grammo di verità da parte dell’azienda che ha scelto, tra tante.

Come sapete, ho molto a cuore questo tipo di informazioni, e non perché Il luogo di produzione decreti, necessariamente, la qualità, ma per una questione di trasparenza.

Come, infatti, più volte ho sottolineato, sia nei miei video che nei post sul blog, esistono ottimi prodotti di pelle provenienti da fabbriche asiatiche, come, al contrario, esistono prodotti scadenti fatti sotto casa mia.

Ciò che fa la differenza è DIRLO. Informare il consumatore sui luoghi di produzione e sul materiale adoperato è un dovere, oltre ad essere un’azione rispettosa.

PER CUI, SONO COSTRETTA A NON PROMUOVERE LA BORSA DKNY E A RIMANDARLA A SETTEMBRE! OPS, VOLEVO DIRE… AL PROSSIMO ACQUISTO!

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