Produzione conto terzi: la crisi sta facendo emergere tutti i problemi del settore. Quali?

Arrivo a scrivere questo articolo dopo settimane complesse, durante le quali ho interagito con numerose persone.
Mi occupo da anni di produzione conto terzi di borse e attraverso tutto il lavoro che faccio online, tra sito, blog e canali social ho la fortuna o sfortuna ( tira tu le somme alla fine ) di raccogliere molte informazioni.

Informazioni che non amo tenere per me e che voglio condividere come amo fare, e allo stesso tempo non lascerò che i problemi emersi continuino a restare nell’ombra anzi grazie al tuo supporto ed ai tuoi suggerimenti, avrò modo di approfondire altri aspetti.

Le problematiche di cui voglio parlati le ho racchiuse in 4 macro categorie per rendere le mie “paure” più palesi possibile e per poi, forse, renderci conto che non sono frutto solo di un 2020 un po’ complesso ma di anni di problemi mai affrontati nella pelletteria, ancor di più per la produzione conto terzi.

“Compra sempre borse originali”  è il mio motto ed  il manifesto della mia battaglia per le produzioni di borse, per la manifattura italiana. 

Una battaglia contro la contraffazione che toglie fette di mercato ai piccoli e grandi brand, che danno meno lavoro ai terzisti, ma anche contro gli altri tipi di piccole problematiche che stanno diventando sempre più grandi  con l’avanzare di questo periodo difficile che dobbiamo affrontare. 

Poco fa ti ho accennato a quattro macro categorie di problemi che stanno emergendo in questo periodo.

Passiamo allora alle 4 problematiche che sono emerse.

La prima problematica emersa è:

Il terzista causa crisi o altri motivi chiude e lascia il cliente senza cartamodelli, fustelle e eventuali campioni.

Cosa accade in questi casi?

Il brand piccolo o grande che sia, comincia a mettersi alla ricerca di qualcuno che possa produrre le sue borse.

Solitamente i tempi sono particolarmente ristretti 2/3 mesi e le variabili da considerare sono tante.

Mi sento di muovere una piccola critica a qualche terzista, sperando non mi odi troppo, ma è abbastanza surreale “tenere in ostaggio” un cliente non lasciandolo libero di poter trovare altro se il rapporto di lavoro termina.

So bene che questa cosa accade per una “furbata” che il cliente medio attua e cioè quella di non voler sostenere i costi iniziali di sviluppo (cartamodello, prototipo, campione) e di non voler pagare le fustelle.

La conseguenze gravi di questo concatenarsi di scelte sbagliate, sono:

  1. Alta possibilità di sbagliare il nuovo fornitore
  2. Impossibilità di trovare un nuovo fornitore e quindi non riuscire a produrre le borse

Il primo caso genera problemi sulla qualità che influenzeranno le opinioni dei clienti che probabilmente non compreranno più da quel brand.

Il secondo caso genera perdita di clienti da parte del brand che si rivolgeranno ad altri, per non tornare più.

La normalità dovrebbe essere che il brand o designer o committente che sia paga tutte le fasi accessorie alla manodopera: cartamodelli, fustelle ed impianti vari.

In questo modo ne diventa proprietario e ha diritto alla restituzione.

Questa prima problematica si verificherà sempre più spesso, perchè i conti della crisi si cominceranno a pagare ora, con numerose aziende artigiane che chiuderanno purtroppo. 

Quando mi contattano e mi chiedono di fare i cartamodelli “gratis” io spiego che non posso farlo perchè serve il tempo necessario per poter comprendere il progetto e svilupparlo, e quel tempo va pagato.

Se sei in questa situazione non farti prendere dall’ansia e comincia a studiare un piccolo budget per poter cominciare una nuova collaborazione.

La seconda problematica emersa è:

L’attività principale è ferma, un piccolo budget a disposizione e voglio fare le borse.

Cosa accade in questi casi?

“Fare le borse” viene vista come un’attività semplice e accessibile a tutti.

Questa è una grande distorsione che anni di buoi sul settore, ha creato.

Ho fatto numerosi articoli e video sull’argomento, ma in linea generale per creare una collezione di borse hai bisogna di un programma ben preciso.

Molti pensano che basti contattare il terzista e chiedere se si hanno modelli preconfezionati.
O peggio copiano i modelli sulle riviste o i siti, senza sapere che poi va fatta ricerca materiali ed accessori per poterla finire.

Si pensa poi che bastino un paio di amici o colleghi che a parole sposino l’idea che tu crei un brand di borse, per lanciare una linea di borse.

La conseguenze gravi di questo concatenarsi di scelte sbagliate, sono:

  1. fare una produzione che resterà invenduta
  2. Il terzista sparisce e non ti resta nulla in mano
  3. Perdere mesi e mesi per vedere la luce delle tue prime borse

C’è poi il dettaglio dei costi che non vengono divisi in quote tra manodopera, materiali, accessori, varie, marketing, pubblicità, packaging e cosi via.

Allontana l’idea di scopiazzare borse che già esistono e delegare al terzista tutto.

Abbandona poi l’idea di trovare modelli già fatti su cui apporre il logo.

È una strategia fallimentare perchè si basa sul prodotto che per di più non è nemmeno esclusivo e ricercato.

In più manca della pianificazione del marketing e delle vendite.

Creare una collezione di borse significa fare il design, consegnarlo a chi si occupa di produzione conto terzi, pagare lo sviluppo dei cartamodelli e campioni, infine programmare la produzione, avendo consapevolezza e strumenti per vendere le borse.

Non escludo che si trovino artigiani, terzisti disposti anche a lavorare per poco e niente, magari sono in procinto di chiudere o non hanno tutte le carte in regola, ma sappi che poi basando il tuo progetto su quei prezzi e quelle metodiche ti regalerà la situazione che ti ho descritto sopra, quindi fai attenzione.

La terza problematica emersa è:

La Partnership finta

Cosa accade in questi casi?

Per non pagare la fase di sviluppo campionatura o per pagarla a prezzi irrisori, viene proposta una collaborazione in cui si presuppone l’investimento di soldi o competenze delle parti in causa. 

Tutto si basa su i futuri, possibili guadagni derivanti dalle vendite presunte che si faranno.
Produzioni da fare che poi verranno pagate senza acconti e con tempi lunghissimi, che vanno dai 60 ai 120 giorni, e a volte al mai.

Eh si, perchè anche se molti dimenticano, in passato già ci sono stati episodi gravi che hanno fatto perdere tantissimi soldi ai terzisti e creato enormi problemi.

Gli addetti al settore sanno di cosa parlo ma puoi anche semplicemente ricercare su google “fallimenti pelletteria” o cose simili per ritrovare aziende che sono state in amministrazione controllata, fallite e rinate, o concordati di ogni tipo, per poi ritornare sul mercato e compiere lo stesso tipo di azioni.

Nel 2021 chi produce conto terzi NON può essere usato come banca e Non deve essere il capro espiatorio di tutto.

Inoltre se un brand o un licenziatario non ha i soldi per pagare la manodopera e gli approvvigionamenti, con acconti e saldi in tempi ragionevoli, dà l’idea di non avere solidità finanziaria e forse bisogna rinunciare al fumo che vendono modello anni 90 e guardare alla sostanza.

A riprova di questa cosa, ti dico che se volessi investire in un brand in questa maniera, lo farei creando un brand mio. Mi assumerei tutte le responsabilità ed al contempo però potrei giovare di tutti i benefici.

La conseguenze gravi di questo concatenarsi di scelte sbagliate, sono:

  1. Il mercato viene falsato al ribasso
  2. I terzisti vengono spremuti
  3. Si troverà sempre meno manodopera qualificata

È fondamentale ripensare alle partnership in maniera più etica e qualificante. 

Partnership può essere anche dedicare uno spazio produttivo a chiamata e senza programmazione, ma sempre pagando le forniture e non chiedendo esborsi ai produttori conto terzi.

La quarta problematica emersa è:

Reshoring ovvero il rientro in Italia, di produzioni che si facevano all’estero.

Cos’è il reshoring ne ho parlato in questo articolo >> IL RESHORING SALVERÀ IL MADE IN ITALY? PARLO UN PO’ AD ALTA VOCE CON TE…

Cosa accade in questi casi?

Ci sono due casi che si verificano. Il primo è quello di grandi gruppi che non trovano più conveniente anche dal punto di vista della comunicazione, produrre all’estero. Rientrano in Italia con delle discrete quantità ma con tutto il sistema da riformare completamente.

Dalla monelleria alla logistica, passando per la gestione dei fornitori.

Poi ci sono quelli che acquistano prodotti dall’estero e non avendo più il potere finanziario, per sostenere le nuove regole del gioco di questo anno di crisi, decidono di voler produrre in Italia. 

Che bello dirai tu? Finalmente qualcuno che vuole investire sulla manifattura italiana?

No semplicemente sperano di trovare aziende che producano agli stessi budget o poco più sopra, dell’estero.

È di qualche giorno fa una telefonata con una persona che appunto ricercava chi gli potesse produrre le borse e chiedeva prezzi assurdi per un’azienda di produzione legale.

Ha esordito così, dicendo:”Eh allora si vede che il Made in Italy è destinato a morire perchè se non c’è chi mi fa pagare come la Cina o qualche euro in più… Io allora non torno”

La mia risposta è stata che noi terzisti non abbiamo bisogno di elemosina e fa bene a dare lavoro all’estero se la sua mentalità è questa.

Insomma, anche io di tanto in tanto, mi arrabbio!

La conseguenze gravi di questo concatenarsi di atteggiamenti sbagliati, sono:

  1. Qualcuno preso dalla disperazione proverà a produrre a quei prezzi, compiendo illeciti e finirà per essere scoperto perdendo lavoro e la reputazione.
  2. Il consumatore diventerà sempre più consapevole e molti brand non avranno più “ragione di esistere”

Bisogna creare le condizioni affinché i terzisti siano competitivi e per questo serve la politica. Bisogna al contempo educare le aziende che rientrano a rivedere i loro business plan redistribuendo il valore.

In conclusione, semmai non fosse sufficiente quello che è accaduto a causa della crisi, è palese che avremo altri problemi da gestire.

L’assenza dello Stato e di tutele adeguate per il settore della manifattura della moda, può farci perdere l’ultimo barlume di bellezza del Made in Italy. Non si può continuare a fare finta di nulla.

Non si può fingere che il mondo sta cambiando e devono essere adeguate alcune cose.

Io sono in parte arrabbiata ma anche fiduciosa che qualcosa può cambiare se davvero noi lo vogliamo.

Spero che questo articolo ti sia piaciuto.
Aspetto le tue considerazioni che sono fonte di ispirazione per me.

Ciao da Ornella

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