IMPRENDITRICE NAPOLETANA: “ALLE NOSTRE ECCELLENZE MANCA LA MANODOPERA”

Eccomi qui a parlare di nuovo di eccellenze napoletane. E questa volta, ti racconterò una storia.

Maria ha compiuto da poco quarant’ anni e ha festeggiato in casa, sotto la luna di una quarantena inattesa.

A dire il vero, molte cose sono state “inaspettate” nella sua vita e nel suo percorso lavorativo. La sua storia è sintomatica di un sud tenace e testardo, che ci prova e non si arrende mai.

Ho conosciuto Maria Ferrigno grazie alla Rete e alle sue infinite risorse comunicative.

Come me, lavora nell’ambito della produzione conto terzi . Ma, mentre io mi dedico alla pelletteria napoletana e alle sue Borse, l’ azienda di Maria, a conduzione familiare, realizza costumi da bagno Made in Italy.

Lavora in provincia di Napoli, a Santa Maria La Carità e fornisce, principalmente, clienti e grossisti del nord, come il Veneto, la Lombardia e la Romagna.

Abbiamo già visto come il Made in Napoli, anche se nell’ombra, riesce a mantenere gli standard di eccellenza all’interno dei suoi comparti storici: calzature, alta sartoria, e industria conciaria ne sono un chiaro esempio. E, da qui, partono le ramificazioni di settore, che seppur evolute e innovative, conservano il know how tradizionale del Made in Italy.

Ed è il caso dei costumi da bagno dei Ferrigno.

Lavorare nell’azienda di famiglia non era il progetto di Maria.

È cresciuta negli odori della fabbrica e sotto agli incessanti rumori delle sue macchine, poiché la sua famiglia produce costumi da bagno da circa quarant’anni.

Eppure, dopo il diploma Maria sceglie di laurearsi in materie umanistiche, magari per diventare insegnante, o forse per rincorrere il sogno che aveva da bambina: diventare una scrittrice.

Suo padre, imprenditore da tutta la vita, voleva per sua figlia un lavoro stabile ed equilibrato, e non certamente che Maria seguisse le sue orme.

Fare Azienda, a volte, può essere molto complicato, poiché le grandi gioie, figlie delle soddisfazioni professionali, possono scontrarsi con ostacoli ancor più grossi. E in più, i rischi sono alti, mentre le garanzie molto basse.

Ma, si sa, i giovani non ascoltano quasi mai i consigli dei genitori. Soprattutto quando c’è di mezzo la passione.

Ed è stata la Passione a capovolgere tutte le scelte della Ferrigno.

Come lei stessa mi ha raccontato:

“Dopo la laurea, anziché proseguire il mio percorso, ho iniziato ad andare tutti i giorni in azienda. Sono sempre stata una bambina curiosa e anche testarda. Ho iniziato dal basso. E, piano piano, cercavo di seguire tutta la fase produttiva per capire l’intero processo di realizzazione di un costume da bagno. Ho ricoperto quasi tutti i ruoli: dall’amministrazione, al packaging fino al taglio con la sega a nastro. Cercavo di apprendere ogni “pezzo” della produzione. Stare in fabbrica mi appassionava ogni giorno di più”.

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Il tempo passa e Maria in fabbrica diventa indispensabile: è una donna energica e dinamica, e con il grande supporto di suo padre, riesce ad apprendere velocemente l’organismo – Azienda.

Così, non più ventenne, sceglie di iscriversi all’Accademia della Moda a Napoli per diventare Modellista di costumi da bagno.

Seguendo i corsi impara moltissime cose: dal sistema Cad, alla creazione di un Modello, e  tutto ciò che ruota attorno al design applicato agli strumenti tecnici.

Un nuovo bagaglio da portare in viaggio. Un viaggio che, ancora oggi, continua.

Attualmente, Maria Ferrigno è il braccio destro del papà e madre di due bambini piccoli.

Ma, soprattutto, è un’ imprenditrice del futuro, una di quelle che avrà il compito di accogliere tra le braccia tutti gli insegnamenti di famiglia per trasformarli in Nuove Eccellenze.

INTERVISTA A MARIA FERRIGNO: DOVE VANNO LE NOSTRE ECCELLENZE?

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Le ho fatto alcune domande circa il Made in Italy e il futuro della nostra produzione.

1. Made in Italy non significa solo “Fatto in Italia”: è una vera e propria eccellenza e segue precisi standard di qualità.

Pensi che i consumatori conoscono questa differenza? Di cosa c’è bisogno per riportare prestigio al Made in Italy?

Non sempre i consumatori riescono a riconoscere un prodotto Made in Italy. In verità, quasi mai. Questo rappresenta un problema per noi produttori, poiché i nostri prodotti non vengono “riconosciuti” per la loro qualità.

Lavorando in questo comparto, ho visto molte cose: ho visto prodotti provenienti dalla Tunisia o dall’Asia essere etichettati Made in Italy prima di entrare sul mercato. E per i non addetti ai lavori, non è facile intuire l’inganno.

Mentre Chi è del settore, si accorge in pochi secondi se un manufatto è Made in Italy oppure no. Non perché siamo i migliori del globo, ma perché badiamo alla qualità più che alla quantità.

Ci sono molti marchi autorevoli che producono offshore, ma lo fanno con delle premesse precise: è il brand stesso a fornire materiali di qualità e le modellistiche per la produzione. Soltanto la manodopera sarà estera, ossia l’elemento che fa risparmiare di più. In Italia, il costo della manodopera è più alto, ma non è solo questo. Il problema reale del nostro Paese è la dura tassazione a cui siamo soggetti. Maggiori ammortizzatori fiscali, aiuterebbero moltissimo la Filiera italiana.

 

2. Famiglia: La dimensione familiare è un elemento costante  nelle nostre aziende.

Anche io, come te, sono cresciuta in fabbrica. Ebbene, la conduzione familiare potrebbe diventare, in certi casi, un freno alla crescita aziendale? Ha un rovescio della medaglia?

Certo. Senza dubbio, può succedere che la dimensione – famiglia possa essere un freno allo sviluppo dell’impresa.

Ma questo accade quando si scontrano due mondi (padre/figlio) nettamente diversi e chiusi sulle proprie posizioni: io, attualmente sono per così dire il “braccio destro” di mio padre, che resta il capo indiscusso dell’azienda. Mio padre è per me una guida indispensabile, ma è anche saputo uscire dalla sua visione personale per entrare nella mia, e capirne le potenzialità. Qualcuno ha detto che in fabbrica ho portato una ventata di freschezza. E credo sia vero.

Da noi, la dimensione familiare è preziosa: ogni collaboratore è parte della Comunità e non è un numero. Cerchiamo di circondarci di persone capaci, che possano dare un valore aggiunto alla produzione. E, ognuno di loro è parte della Famiglia.

 

3. Cosa dovranno avere i produttori del futuro che oggi manca a questa classe professionale? E di cosa hanno bisogno i nostri comparti produttivi?

Beh, in un certo senso, io stessa sono un produttore del futuro, poiché adesso ho ancora il supporto di mio padre. Ogni giorno, scopro che ho qualcosa di nuovo da imparare.

L’imprenditore del futuro deve mettersi in discussione, deve essere umile e, soprattutto paziente. Non deve mai smettere di essere curioso e testardo.

Cosa manca ai comparti produttivi?

Innanzitutto, la manodopera.

È molto difficile, oggi, assoldare manodopera specializzata. È poca. E temo per il futuro; le istituzioni dovrebbero investire maggiormente in questo, creando magari corsi gratuiti per i giovani senza mestiere, con la possibilità di tirocini in aziende.

Si potrebbe, per esempio, formare chi percepisce il reddito di cittadinanza. Oppure, i carcerati che sono prossimi al reinserimento in società e nel mondo del lavoro.

Un’altra mancanza viene dalla carenza di strutture: la mia fabbrica, ad esempio, è troppo piccola per accogliere nuovi macchinari da lavoro. Esistono molte aree dismesse o abbandonate che i Comuni potrebbero affittare alle aziende, con un minimo di spesa mensile. In questo modo, la produzione aumenterebbe e gli enti locali avrebbero un ritorno economico.

 

4. Costumi da bagno Made in Italy: quali sono i materiali principali che adoperi?

Pensi che abbiamo tutti gli strumenti per andare verso la sostenibilità oppure esistono ancora ostacoli?

Noi utilizziamo, principalmente, materiali Made in Italy di cui conosciamo la provenienza.

Ci sono stati periodi in cui “andavano di moda” materiali di importazione, ma io mi sono sempre rifiutata di usarli.

Non si conosce nulla di tali materiali: qual è la resa, dopo il contatto con la sabbia e con il cloro? Sono dannosi per la pelle?

La mia priorità è usare materiali certificati: microfibra – lycra – fodera. Anche se Chi produce conto terzi è comunque sempre soggetto alle richieste del cliente. Per cui, bisogna trovare i giusti compromessi, senza perdere l’alta qualità.

Spesso abbiamo usato materiali di provenienza spagnola: la Spagna è rinomata per la fantasia e la qualità dei tessuti dei costumi da bagno. Ed è una buona alternativa, anche se in cima alle mie abitudini restano i materiali italiani di qualità.

Per quanto riguarda la Sostenibilità, ci sono molte aziende che offrono soluzioni eco-compatibili, sia per quanto riguarda il packaging dei costumi da bagno, che per i materiali di produzione. Il problema è il prezzo.

Purtroppo i materiali riciclati e/o sostenibili hanno ancora un costo troppo elevato e questo andrebbe a far aumentare di molto il costo finale del prodotto.

La direzione è quella giusta ed io ci tengo molto: bisogna solo trovare un buon equilibrio economico!

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Ringrazio molto Maria e la sua disponibilità a raccontarsi.

Parlare della produzione Made in Napoli, delle nostre eccellenze e delle persone che Fanno Azienda qui, è il mio modo per accendere una luce che viene spenta da troppo tempo: i media nazionali fanno quasi a gara per raccontare le piazze di droga, le faide tra i clan e le macerie di periferia.

Io, imprenditrice, ho scelto di raccontare un’altra Napoli, che conosco da vicino: quella della Produzione, e dei nuovi imprenditori. Voglio raccontare le storie che Guardano Al Futuro, incoraggiate dalle conoscenze del passato.

I nostri artigiani sono ancora qui: negli odori delle nostre aziende, nelle nostre conoscenze, nel nostro modo di intendere l’autenticità.

Continua a seguirmi ed esploriamo assieme le nostre Eccellenze!

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