Borsa Birkenstock: storia del brand tedesco e recensione alla borsa
È arrivato il momento della Borsa Birkenstock e di una storia straordinaria, iniziata nel 1774 e ancora oggi piena di colpi di scena. L’ultimo è arrivato lo scorso Febbraio.
È la storia di Birkenstock, il marchio tedesco che è entrato nelle file della moda internazionale grazie al fascino del brutto, ossia di una calzatura famosa non per gli attributi estetici, quanto per lo studio e la funzionalità del prodotto finale.
Ma questo accadrà solo nell’ultimo decennio.
Per lunghi anni il sandalo Birkenstock è stato considerato uncool, cioè per niente fashion, perché simbolo di un pubblico interessato esclusivamente alla comodità della calzatura nelle lunghe passeggiate in natura.
Infatti, la calzatura Birkenstock nasce come innovazione ortopedica, intenta a migliorarsi anno dopo anno, grazie alla ricerca continua circa i materiali, la struttura e il famoso plantare flessibile.
In verità, anche io fino a pochi anni fa abbinavo il sandalo Birkenstock all’uomo tedesco in vacanza, con il suo calzino bianco in evidenza e il bermuda con i tasconi laterali.
È un’immagine che proprio non riesco a cancellare!
Tuttavia, negli ultimi tempi abbiamo assistito a moltissime trasformazioni della scarpa tedesca, e all’ampliamento dei prodotti, come le borse, i cosmetici e le scarpe chiuse.
Tra pochissimo vedremo come Birkenstock sia diventato, negli ultimi anni, un must have e quali sono le radici che l’hanno reso il colosso di oggi.
Se mi conosci, sai quanto mi piace scavare dietro le vetrine, e andare a fondo quando si tratta dei prodotti che scelgo di comprare.
Nessuno mi paga per le recensioni che trovi su questo blog.
Non faccio pubblicità a nessun marchio, né accetto borse in regalo da presentare al mio pubblico.
La mia attività sul web nasce, unicamente, con lo scopo di informarti circa le borse originali, cioè prodotte e vendute tramite il mercato legale.
Questa è la mia risposta e la mia arma contro la contraffazione, un nemico sempre troppo vicino. E sempre più abile.
Il mercato illegale è una delle piaghe più pericolose per la nostra economia: i prodotti contraffatti riempiono le tasche dei clan criminali, che ne gestiscono il mercato; tolgono dignità ai nostri artigiani, sottopagati e senza alcuna tutela; non rispettano le norme ambientali perché, in quanto clandestine, le fabbriche illegali sono “esonerate” da tutti i controlli.
Capisci ora perché la contraffazione è un cancro che colpisce chiunque?
Anche io lavoro nella produzione: la mia azienda si occupa di borse in pelle Made in Italy destinate ad alcuni brand della moda internazionale.
Conosco bene il mondo della produzione e della pelletteria; perciò conosco anche i loro fantasmi, e tutto ciò che ne impedisce la crescita.
Ma, adesso, dedichiamoci alla recensione di oggi: la borsa Birkenstock e la sua storia appassionata.
Sei pronta?
Borsa Birkenstock: dalle scarpe brutte alle vetrine internazionali. Cosa è successo?
Nella città di Langen-Bergheim, in Assia, un calzolaio di nome Adam Birkenstock apre il suo laboratorio di scarpe. Era il 1774. Un mondo davvero lontano.
Quel signore non avrebbe mai immaginato che la sua opera manifatturiera sarebbe andata avanti per generazioni. Per secoli.
E, probabilmente, a quell’epoca manco si riusciva a concepire una realtà economica (e lavorativa) così longeva e duratura.
Eppure quel nome, Birkenstock, ha resistito fino ad oggi, andando oltre ogni aspettativa.
Il laboratorio Birkenstock è andato avanti per generazioni, riservando ad alcune date principali, i punti di svolta importanti. Soprattutto quelli legati alla scoperta e all’innovazione del prodotto.
Il primo nome importante da ricordare è quello di Konrad Birkenstock, il mastro calzolaio che nel 1896, con due botteghe a Francoforte iniziò la produzione e la vendita delle solette flessibili.
Questa invenzione lo porterà per 15 anni in giro per l’Europa, a parlare alle conferenze specialistiche di settore.
Dopo alcuni anni, si arrivò pertanto alla creazione del BLAUES FUSSBETT, il plantare Birkenstock che rivoluzionerà la storia delle calzature ortopediche.
Sarà il 1925.
Ancora oggi il plantare Birkenstock è tra le migliori soluzioni del mercato: non solo garantisce funzionalità, comfort e qualità, ma è il punto di partenza di tutte le manifatture simili che sono venute dopo, dai diversi marchi del mondo calzaturiero.
Anche il 1932 fu un anno importante: Carl Birkenstock comincia i corsi di formazione Birkenstock, i quali diventeranno, negli anni, tra i più famosi del settore. Tali corsi specialistici arriveranno a formare più di 5000 esperti alla settimana.
Così, nel 1947, verrà pubblicato il libro Ortopedia del piede – Sistema Carl Birkenstock, in cui si presenta l’idea della “Camminata naturale” – il cosiddetto Trittspursystem.
Nel 1963, un’altra grandissima novità per il brand tedesco: Karl Birkenstock introduce sul mercato il primo sandalo con plantare flessibile, il sandalo “Madrid“, quello che darà le basi per le scarpe moderne.
A proposito del sandalo Madrid, esiste un aneddoto molto significativo per l’intera storia Birkenstock: una sarta di Brema, Margot Fraser, sposò un americano e andò a vivere nel nord della California.
La donna soffriva di dolori ai piedi, così acquistò i sandali Madrid durante un viaggio in Germania.
Fu entusiasta di quella scarpa.
Tanto che, al suo ritorno negli States, contattò Karl Birkenstock per proporgli di importare negli Usa quell’incredibile sandalo.
Le cose non andarono come previsto.
Al principio, nessuno voleva quelle scarpe dall’estetica discutibile.
Così Margot le portò ad una fiera di cibi salutari a San Francisco, usando uno stand di esposizione.
Alcuni addetti ai lavori, nel settore alimentare, decisero di comprarle per cercare un sollievo alla fatica causata dalle lunghe ore di lavoro in movimento.
E dopo averle provate, iniziarono ad esporle nei loro negozi alimentari, tra i cibi biologici e i rimedi naturali.
In quegli anni, iniziò un nuovo cammino per le scarpe Birkenstock:
saranno associate alla controcultura americana, partendo dagli hippy e dalle attiviste che si battevano per i diritti Lgbtq negli anni Settanta, fino agli anni ’90, e prima dell’entrata sulle passerelle di moda. Ma accadrà solo nel 2012.
In effetti le Birkestock sono sempre state le scarpe dei viaggiatori, e di chi non bada tanto all’outifit quanto alla comodità e al rapporto con la natura.
Non a caso, l’azienda tedesca è stata tra le prime in Europa ad adottare soluzioni sostenibili: nel 1988, infatti, per la prima volta vengono impiegate colle ecologiche nella produzione. Un primo passo verso la cultura ambientalista.
Ancora, nel 1990 si assiste all’ampliamento e alla modernizzazione della produzione dei plantari, in favore della tutela ambientale: il consumo energetico diminuisce di oltre il 90%.
IL 2012, L’ANNO DELLA SVOLTA.
Il 2012 e il 2013 saranno anni molto importanti per Birkenstock e per il cambiamento del suo volto nel mondo.
Tuttavia, non sono trasformazioni studiate dall’azienda, ma influssi esterni che ne hanno determinato il futuro.
Parigi, marzo 2012: come riporta il portale Business Insider
(…) Durante la settimana della moda, Philo – all’epoca direttrice creativa di Céline, venerata in ogni dove per il suo approccio intellettual-chic che ha rivoluzionato il brand – riabilita le Birkenstock. O, almeno, una loro rivisitazione in chiave surrealista. Le modelle che sfilano per Céline indossano sandali che ricordano il modello Arizona, ma foderati con pelliccia di visone.
Questo ingresso piuttosto anomalo in passerella, grazie all’estro della stilista di Celine, determinerà una catena di eventi che Birkenstock non aveva messo in conto.
Improvvisamente, quei sandali tedeschi, ortopedici quanto sgraziati, diventano cool.
Ricoperti di pelliccia, paillettes oppure nuovi tessuti glitterati, cambiano faccia e iniziano ad essere accessori del desiderio.
Ma l’amministratore delegato di Birkenstock, Oliver Reichert, ha ammesso che il fenomeno Furkenstocks (le scarpe di Celine) non era minimamente voluto. E che è stato difficile per l’azienda tenere il passo alla domanda di alcuni modelli, visto l’ aumento così improvviso e incontrollato di richieste.
Tuttavia, “Non c’è nulla di meglio che un vestito carino accoppiato con un paio di scarpe brutte”, sottolineava una contributor nell’articolo omaggio che Vogue ha dedicato alle Birkenstock nel 2013.
Risultato?
Nel 2012 l’azienda ha venduto 10 milioni di scarpe, divenute 25 milioni nel 2017; i ricavi a livello globale nello stesso anno ammontano a 750 milioni di euro, tre volte tanto quelli del 2012.
Immagino che anche tu, cara amica e lettrice, avrai notato nell’ultimo decennio l’entrata impetuosa dei modelli Birkenstock nelle vetrine più fashion della città; non per forza del marchio tedesco, ma anche inspiration, modelli simili o comunque forme che riprendono il concetto del plantare Birkenstock.
Ora sappiamo perché è successo.
E quanto sia magico il potere che evapora dalle passerelle della moda internazionale.
Birkenstock non ha mai rinunciato ai suoi performanti materiali studiati per le calzature; neanche dopo l’entrata nella moda globale:
Sughero, lattice naturale, rame, ottone, feltro di lana e pelle di prima qualità sono le materie principali; e provengono da risorse rinnovabili, soprattutto ricavate in Europa.
La lavorazione, sebbene non più artigianale, mantiene tutte le fasi necessarie per un prodotto impeccabile: come leggo sul sito,
“Ogni sandalo è sottoposto a 17 fasi di lavoro. Nel caso dei modelli Birkenstock chiusi servono ben oltre 100 operazioni ad alta specializzazione per ottenere il prodotto finito. Le scarpe chiuse vengono prodotte in manifatture portoghesi secondo i principi di questo mestiere dalla tradizione secolare.”
Quello che trovo interessante dell’animo Birkenstock è il forte legame con il territorio, fin dal lontano 1774.
È il marchio calzaturiero tedesco che riesce a offrire più posti di lavoro, nonostante ci siano altri poli produttivi in Europa, oltre quelli in Germania.
Con oltre 4 mila dipendenti, Birkenstock, nel 2019, ha venduto 24 milioni di scarpe e vanta un fatturato di 700 milioni di euro.
È un’azienda che ha partecipato attivamente allo sviluppo del proprio Paese, creando posti di lavoro, corsi di formazione, reti di distribuzione e molto altro.
Ma è anche un’azienda che ha saputo tenere la famiglia unita, fino alla sesta generazione. Quasi un record.
Tuttavia, nell’era del capitalismo e delle grandi holding arriva sempre il momento in cui si sceglie di crescere. E chissà, di guardare altrove.
Pertanto, a fine febbraio 2021, la Lvmh, una delle più grandi holding di moda, ha acquisito la maggioranza delle quote Birkenstock prendendo il controllo del marchio.
La cifra della compra-vendita non è stata mai rivelata, ma si pensa che si aggira intorno ai 4 miliardi di euro.
La Lvmh è la multinazionale che detiene alcuni dei più importanti brand di moda, tra cui Christian Dior, Bulgari, DKNY, Fendi, Céline, Guerlain, Marc Jacobs, Givenchy, Kenzo, Loro Piana e Louis Vuitton.
E da quest’anno è proprietaria di Birkenstock, il marchio che un tempo era il simbolo della controcultura e della rivoluzione culturale.
… Eppure, solo nel 2018 Birkenstock rifiutò una collaborazione con Supreme, ritenendola come “(…) una forma di prostituzione”, dal momento che Supreme è un marchio di lusso.
… Eppure come disse Kahan nel 2013, amministratore delegato Birkenstock, Durante una grande fiera delle calzature a Las Vegas:
“Qui tutti vendono scarpe, ma quelle di uno sono fondamentalmente identiche a quelle dell’altro. Le uniche scarpe che puoi riconoscere al volo da cinque metri di distanza sono i sandali Birkenstock“.
Borsa Birkenstock: ecco il modello che ho scelto!
La borsa Birkenstock che ho scelto è la Cologne Large, in pelle naturale e tessuto, dal taglio unisex, color olive.
Il prezzo della mia shopper è 180,00 euro, compresa la spedizione standard.
Ma per riceverla ho aspettato un bel po’. Quasi venti giorni!
Probabilmente, la causa del ritardo è il momento storico che stiamo vivendo, tra restrizioni dovute alla pandemia covid-19 e rallentamenti delle importazioni.
La mia borsa è fatta in tela canvas, con alcuni elementi in pelle conciata al vegetale; ricordi le differenze tra la concia al vegetale e quella al cromo?
La prima, proveniente da una tecnica più antica, è decisamente più ecologica e restituisce un effetto più naturale.
Vediamo tutti i dettagli:
- La mia borsa Birkenstock è molto leggera e adatta a diverse occasioni, dalla giornata in spiaggia, fino a quella in ufficio; anche il colore mi sembra perfetto per contrastare gli effetti dello “sporco” e dell’usura.
- I manici sono in pelle, come gli inserti agli angoli della borsa. Ma la pelle non presenta tintura, infatti è ben visibile tutta la bellezza della pelle nuda, fino al carniccio dei manici.
- Il logo, ben in vista sulla borsa, è presente anche su tutti gli accessori della shopper, dalle fibbie fino alla cerniere. Il logo richiama proprio le radici del brand, quindi un piede che indica la mission delle calzature ortopediche.
- All’interno della mia borsa, trovo un’unica tasca sul lato, abbastanza grande, che porta una chiusura lampo; per il resto, la borsa è vuota, da poter riempire a piacimento. Sono curiosa di vedere come i manici reagiranno al peso complessivo della bag, una volta riempita a dovere.
- La borsa si chiude con un gancio superiore, molto originale, e un’asola cucita sul lato opposto. Mi piace questo particolare!
- Tutti i dettagli della borsa sono curati, dalle cuciture fino agli accessori; forse solo l’assenza della flanellina mi ha colpita in negativo, perché sono abituata a conservare tutte le mie borse nei rispettivi sacchetti.
La mia borsa è Made in Poland, cioè è stata fatta in Polonia.
Forse non avevo mai recensito un prodotto dalla manifattura polacca.
La provenienza, tuttavia, non mi stupisce visto come la Birkenstock ha strutturato il suo piccolo impero; la concentrazione dei poli produttivi, oltre alla Germania, vede altri paesi dell’Unione Europea, così come la fornitura dei materiali principali, quali la pelle.
È PROMOSSA LA MIA BORSA BIRKENSTOCK?
Sì, senza dubbio.
È un accessorio di qualità, dai materiali durevoli e la manodopera esperta; è un marchio che rispetta l’ambiente e si impegna sempre di più in questa direzione.
Sicuramente, il prezzo della mia borsa Birkenstock non è tra i più accessibili del mercato, ma il costo è legato, inevitabilmente, all’identità del marchio e a tutta l’organizzazione che si porta dietro.
Non dimentichiamo che Birkenstock ha sempre lavorato nel suo paese, senza alcun escamotage “estero” per abbattere i costi.
A te, è piaciuta la mia borsa? Hai mai avuto una borsa Birkenstock?
Fammelo sapere nei commenti!
Voti (0/5)
Cuciture | 4 1/2 |
Tintura | assente |
Rifinitura | 4 |
Rapporto qualità/prezzo | 4 |
Utilità | 5 |
Guarda subito il video della mia borsa Birkenstock!
Consigliami un’altra borsa da raccontare:
Scrivi nei commenti!
Grazie per il tempo che mi hai dedicato.
Fonti:
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