CONTRAFFAZIONE: AMAZON COMBATTE IL FALSO, MENTRE I SOCIAL NON CI RIESCONO
Hai mai comprato una borsa falsa?
Rispondere sì, non ti metterà nel pentolone dei cattivi, perché è capitato a tutti di essere disinformati su qualcosa. Ma è necessario, poi, cercare la verità.
La contraffazione è uno dei problemi più seri del nostro sistema economico, sebbene non ne abbiamo la percezione.
Soprattutto perché non tutti sono coscienti della sua matrice criminale.
Il mercato del falso è creato, gestito e curato dalla criminalità organizzata.
È bene tenerlo in mente quando ci imbattiamo in un prodotto fake, o quando cercano di vendercene uno.
Ma sembra che qualcuno si stia occupando seriamente del problema, investendo soldi ed energie importanti: Amazon.
Esatto, proprio così. Il grande colosso della vendita on-line si sta rimboccando le maniche per affrontare direttamente la piaga del falso e della vendita inflazionata di prodotti fake.
In che modo?
Tra pochissimo vedremo, nei dettagli, come si sta muovendo la famosa piattaforma e-commerce.
Prima, però, vorrei rifarti la domanda:
Hai mai comprato una borsa falsa?
E, ancora, lo hai mai fatto tramite l’acquisto on- line? (facebook, Instagram, o altri portali?)
I prodotti fake che si trovano on line sono moltissimi. Crescono in modo esponenziale, sotto gli occhi delle istituzioni e, soprattutto, dei marchi della moda.
I grandi brand dovrebbero essere i primi interessati ad interrompere la catena della contraffazione, perché i prodotti maggiormente “copiati” sono proprio quelli dei grandi nomi del lusso. E lo possiamo vedere sui migliori marciapiedi metropolitani, come nei gruppi “segreti” di facebook , in cui “ci invitano” le amiche.
Ma i marchi della moda non sembrano così attivi in questa lotta.
Sarà per ragioni tecniche (non avranno gli strumenti?), sarà per ragioni di mercato (la contraffazione non toglie nulla dalle loro casse, dal momento che si tratta di un pubblico “differente”?), ma i brand non si sono mai impegnati seriamente in questa crociata etica ed economica.
Per cui, non aver timore di affermare che anche a te è capitato di fare un acquisto tarocco. Un acquisto, in sostanza, sbagliato.
Sì perché magari non immaginavi i danni della tua azione; magari non eri a conoscenza di Chi e Cosa manovra l’intero mercato della contraffazione.
Un breve video pubblicato sul sito del governo, nell’ambito della campagna di comunicazione e sensibilizzazione contro la contraffazione, spiega brevemente la natura del mercato del falso, un mercato che cresce di 7 miliardi all’anno in Italia; il video, in pochissime parole, cerca di evidenziare “Chi paga il prezzo della contraffazione”. E le risposte sono:
- La salute
- L’ economia e il sistema fiscale
- Il lavoro
L’esigenza di creare contenuti del genere, nasce dalla consapevolezza dell’assenza delle informazioni in merito.
Rifletto spesso sul fatto che ognuno di noi guarda continuamente film e serie Tv ispirati a fatti di camorra e di mafia, oppure che parlano del narcotraffico e della capillare corruzione politica…
Ma nessuno ci parla mai della contraffazione, una delle principali fonti di guadagno del sistema criminale.
Per questo, non appare mai come la “cattiva” della storia. Ma solo come uno degli innumerevoli personaggi di sfondo, la cui presenza non cambia quasi nulla.
Ma non è così. E Amazon se ne è accorto, prima di tutti gli altri. O forse, è l’unico che ha scelto di intervenire.
Contraffazione: come si muove amazon e cosa accade su facebook…
Senza dubbio, il tornaconto è personale dal momento che, in questo modo, Amazon riuscirà ad evitare truffe importanti ai propri utenti; e di conseguenza, anche i problemi di reputazione e di spese di risarcimento.
Ma pare proprio che la sua lotta si stia espandendo sempre di più; sta diventando una guerra motivata e sempre più strutturata.
Il programma Project Zero è lo strumento di Amazon contro la vendita dei prodotti fake. Annunciato nel 2019, attualmente comprende 17 paesi, compreso l’Italia.
In realtà, Amazon nel suo rapporto trimestrale fornito alle autorità americane ha illustrato come la contraffazione è concentrata in alcuni paesi del mondo, quali Usa, Emirati Arabi Uniti, nella Repubblica Dominicana, nel Regno Unito, Cina, Germania, Spagna, India, Italia, Giappone, Corea e Canada.
Partendo da questa premessa e dal fatto che, tuttavia, la merce contraffatta è esportata in tutto il mondo a prescindere dal paese di origine, il colosso di Bezos ha messo a punto Project Zero grazie a tre funzioni innovative nell’ambito della vendita virtuale:
- Protezioni automatiche
Grazie alla machine learning di Amazon, le protezioni automatiche eseguono la scansione continua dei negozi per rimuovere pro-attivamente le possibili offerte di prodotti contraffatti.
I marchi forniscono dati chiave che serviranno per la scansione di oltre 5 miliardi di tentativi di aggiornamento delle offerte, alla ricerca di prodotti possibilmente contraffatti.
- Rimozione self-service delle contraffazioni
I proprietari dei marchi non devono più contattare Amazon per rimuovere le offerte di prodotti contraffatti; ma hanno la capacità di farlo in autonomia utilizzando il nuovo strumento Rimozione self-service.
- Serializzazione dei prodotti
I proprietari dei marchi applicano un codice univoco su ogni unità che fabbricano di un prodotto iscritto, e in questo modo consentono ad Amazon di eseguire una scansione e confermare l’autenticità di ciascuno di questi prodotti acquistati negli store Amazon.
Sono moltissimi i brand che già collaborano con Amazon nella lotta alla contraffazione.
Quando si parla di “lotta”, si usano parole forti, perché si tratta di una importante presa di posizione.
Il lavoro che Amazon sta portando avanti è ammirevole.
Le critiche sono moltissime nei confronti di questa grande azienda virtuale, ma se vogliamo, è lo strumento che usiamo tutti per il nostro shopping on line, grazie al fatto che ci fidiamo.
Ed è proprio sulla base di questa fiducia che il grande colosso statunitense ha avviato la sua campagna contro la contraffazione, una malattia che colpisce tutti, dalle piccole aziende che lavorano onestamente, fino agli scenari ambientali, sempre più devastati dalle attività illecite di chi lavora in clandestinità.
E mi chiedo cosa aspettano le altre grandi aziende a fare la loro parte.
Di chi parlo? Delle piattaforme social, ad esempio.
Facebook e Instagram, come Whatsapp stanno diventando veri e propri spazi di vendita, soprattutto per i piccoli brand. E se la direzione è quella di avviare un consolidato e-commerce, allora è doverosa una presa di posizione contro il mercato del contraffatto.
Sono moltissimi i gruppi e le pagine Facebook in cui si vendono prodotti fake. Dalle borse copiate ai grandi brand del lusso, fino ai prodotti di cosmetica.
Perché non esiste ancora un sistema automatizzato che ci permette di segnalare questo tipo di attività, alla stregua di quelli attivi per i contenuti politici o di natura discriminatoria?
Eppure si tratta di mercato criminale, e di nient’altro.
Risale al 2014 una ricerca, tutta italiana, sulla presenza di annunci di prodotti fake all’interno degli spazi pubblicitari di facebook; a condurla Andrea Stroppa e Agostino Specchiarello, più il revisore Stefano Zanero, esperto di sicurezza e ricercatore del Politecnico di Milano.
La ricerca è stata sviluppata all’interno del progetto Cyber Security – Horizon2020 dell’Unione Europea, in collaborazione con TSC.
” L’inghippo “, spiegava Stroppa, ” è che chiunque riesce a pubblicare la propria inserzione, senza che ci siano degli accurati controlli ” (fonte: LaRepubblica.it)
“Abbiamo individuato oltre venti casi, ma nel dettaglio ne abbiamo analizzati quattro. Uno commerciava Ray-Ban. Altri due rivendevano dei falsi Louis Vuitton. Mentre discountbrandshop.net era un bazar di prodotti contraffatti. Dentro si trovava di tutto: da borse Prada a scarpe della Hogan“.
E, a distanza di anni, il pericolo è ancora lì.
Il 7 ottobre 2020 la Guardia di Finanza di Bologna ha arrestato una coppia di coniugi che vendevano prodotti contraffatti tramite un gruppo chiuso di Facebook che contava 500 iscritti; marchi come Rolex, Louis Vuitton, Prada, Chanel, Armani, Gucci, Michael Kors, Adidas, Nike, Hermes, Colmar e Burberry.
Tutti prodotti falsi.
(fonte: ansa.it)
Mi chiedo cosa frena Mark Zuckemberg a limitare questi fenomeni.
Mi auguro che dopo le mosse strategiche di Amazon, anche gli altri colossi del digitale si muoveranno in questa direzione, perché in fondo, il futuro è lì, nella vendita on-line.
Perfino quello della contraffazione.
Contraffazione: la lotta che porto avanti con te!
Sono molti anni che mi occupo del gravissimo problema del “falso”, della sua produzione e della vendita smisurata che vive sotto agli occhi di tutti.
Da molto tempo denuncio i fenomeni legati a questo settore dannoso, segnalando le attività illecite sul web e i personaggi che continuano a pubblicizzare le borse false.
A volte, sento che sono sola in questa lotta. E che il mio impegno si perde nel mare dell’indifferenza, come una goccia che non lascia traccia.
Altre volte, invece, grazie ai tuoi commenti e alle tue segnalazioni, sento che questa guerra è ancora possibile. E la combatto qui, su questo blog, oltre che nella vita di tutti i giorni.
Lo faccio parlandoti della produzione onesta, delle borse che compro e delle storie che ci sono dietro.
Parlandoti dei marchi legali che si fanno spazio nel mercato, lasciandosi alle spalle impronte importanti. Quella della nostra filiera produttiva.
E lo faccio affinché tu inizi a cercare sempre più informazioni circa i tuoi acquisti.
Chiederti da dove provengono i prodotti che compri e chi li ha creati, significa partecipare attivamente alla mia lotta; perché un consumatore informato in più è un pezzo in meno nel “progetto” criminale della contraffazione.
Io faccio parte dell’altro lato, quello della produzione onesta, fino alla fine.
Perché me lo hanno insegnato i miei genitori e perché l’ho imparato in azienda, ogni giorno, guardando i miei dipendenti a lavoro e ascoltando le loro storie.
Mi occupo di produzione di borse Made in Italy e lavoro con alcuni nomi del mercato di lusso.
E posso ammettere, senza alcuna riserva, che i nostri comparti produttivi valgono moltissimo, perché sono fatti di profonda conoscenza settoriale e da una manodopera unica nel suo genere. Perché rinunciare a tutto questo?
Perché svendere la nostra storia manifatturiera al mercato criminale?
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