CONTRAFFAZIONE: COME SI COMPORTANO I BRAND DI LUSSO? DUE PESI, DUE MISURE
Contraffazione. Questa pratica così antica, ma allo stesso tempo, attuale. Siamo abituati a vedere in giro prodotti contraffatti, sia nelle vetrine che sui marciapiedi. Non siamo tutti bravi a distinguere un prodotto autentico da uno falso, ma tutti sappiamo che esistono…e, il più delle volte, lo sappiamo grazie al prezzo.
Tuttavia, la contraffazione ha origini molto antiche. Per quanto riguarda la moda, per esempio, si narra che i primi episodi risalgono alla Corte di Versailles, quando alcuni artigiani tentavano di corrompere gli stilisti di Maria Antonietta per conoscere, in anteprima, cosa avrebbe indossato la regina (chissà se ci sono mai riusciti!)
Mentre, risalgono a Coco Chanel le prime cause di plagio: la famosa stilista portò, infatti, in tribunale Suzanne Laneil, con l’accusa di aver copiato ben 48 modelli della sua collezione.
Ed è proprio un recente articolo che riguarda Chanel ad aver ispirato, oggi, il mio post.
Qualche giorno fa, ho letto che la casa di moda francese ha citato in giudizio un portale di vendita on-line, RealReal. Non è la prima volta che Chanel decide di fare causa al mondo dell’ e-commerce second hand; in passato, infatti, fece guerra a What Goes Around Comes Around, il quale secondo Chanel faceva, falsamente, presupporre una partner-ship con l’azienda di moda, attraverso le campagne marketing.
Tuttavia, le accuse contro RealReal sono più dure e riguardano l’autenticità dei prodotti: Numeri di serie che non corrispondono, materiali differenti dagli originali e qualità inferiore rispetto ai prodotti Chanel. Insomma, prodotti falsi (clicca qui, per leggere l’articolo de laConceria.it)
Qualche anno fa, anche il sito E-bay fu citato dal colosso LVMH, con l’accusa di promuovere e vendere, sul portale, prodotti non controllati e, spesso, contraffatti. Il famoso brand di moda ne uscì vincitore, portandosi a casa circa 38 milioni di euro.
Molte volte, ho sentito dire, nel mio settore, che ai Brand del Lusso, in fondo, fa comodo il mercato illegale, poiché risulta un ulteriore canale di visibilità; tanto da essere preso in considerazione, anche, nelle analisi delle vendite e, quindi, nello studio dei Trand.
I grandi Brand, pertanto, sono intenzionati a combattere la contraffazione o ad assecondarla?
QUAL E’ LA VERITA’?
Beh, come in ogni processo economico che si rispetti, la verità è difficile da individuare; soprattutto, se in campo, entrano numerose variabili che possono distorcere la realtà, come la comunicazione pubblicitaria, i messaggi politici o ambientalisti, e via dicendo.
Tuttavia, voglio lanciare una freccia quasi provocatoria.
Le cause legali intraprese da Chanel, così come quella vinta da Louis Vuitton, sono battaglie che riguardano una specifica fetta di contraffazione, ossia quella che da fastidio.
Cosa voglio dire?
I portali di cui abbiamo parlato, vendono borse, accessori e abbigliamento di lusso dei brand più prestigiosi. Ufficialmente, si tratta di prodotti autentici, i quali, però vengono venduti ad un prezzo leggermente inferiore: dando un’occhiata, ho notato una differenza di circa 300/400 euro su borse che costano, tuttavia, migliaia di euro. A volte, invece, il prezzo è quasi lo stesso di quello ufficiale. Una sorta di Outlet on-line, insomma. Prodotti originali a prezzi scontati!
Pertanto, il target di questi portali sarà lo stesso di quello delle Boutique o dei Siti Ufficiali dei Brand.
In pratica, questi siti, potenzialmente, hanno la capacità di “togliere” clienti a Chanel , a Louis Vuitton, o a Prada.
Una contraffazione, quindi, che vale la pena combattere!
Al contrario, le borse fake che si trovano nelle vetrine dei negozietti di quartiere o ai bordi dei marciapiedi, non riguardano una contraffazione studiata: non sono altro che una palese vendita di oggetti copiati! Questi prodotti costeranno al massimo 30 euro, una cifra ben diversa dai prezzi originali.
Pertanto, questo tipo di vendita non potrà mai “togliere” clienti ai grandi Brand del lusso, poiché sono destinati, semplicemente, ad un target differente.
E, a dirla tutta, il primo tipo di contraffazione è maggiormente irritante anche per il cliente stesso, il quale crede di aver acquistato una “vera” borsa Prada, ma non è così. Un doppio inganno: Ti faccio credere che è autentica e ti faccio credere di aver fatto un affare!
Per cui, anche in questo ambito, si può parlare di Contraffazione di serie A e di quella di serie B. La prima più “meritevole” di persecuzione (almeno, da parte dei Brand), la seconda lasciata a se stessa, in molti casi.
Ma è proprio la Contraffazione di serie B ad essere più pericolosa, perché più estesa e più vicina agli ambienti criminali, i quali non si fanno molti scrupoli ad esercitare la loro schiavitù silenziosa, maltrattando terre e uomini.
Le borse contraffatte che vogliono venderti a Forcella, o nei mercati di Città del Messico, o ancora, a Canal Street a New York, sono portavoce di storie macabre. Storie che riguardano operai sottopagati, traffici illeciti, corruzione, materiali scadenti e nocivi, scempi ambientali…e molto altro.
Spesso scrivo sulla Contraffazione, sui danni ad essa correlati e sulla mia città, la quale, per molti anni, è stata additata come laboratorio nazionale dei prodotti contraffatti, soprattutto per quanto riguarda l’ abbigliamento e la pelletteria. Laddove esiste qualcosa di Buono, si arriva per espugnarlo ed appropriarsene, devastando una reale risorsa: questo è quello che ha fatto la camorra!
Napoli, da centinaia di anni, regina dell’artigianato, è finita facilmente nelle mani criminali del mercato del falso (clicca qui, per leggere l’articolo).
Ora le cose sono, notevolmente, cambiate. Ma la Contraffazione resta una piaga oscura e dolorante.
CHI SE NE DEVE OCCUPARE?
Per fortuna, negli ultimi tempi, il governo sta lavorando di più contro il fenomeno del mercato illegale. Sia aumentando il numero dei controlli e, quindi, dei sequestri; sia, con una maggiore vicinanza al pubblico finale, partendo proprio dall’educazione nelle scuole. Dal canto loro, anche i Brand sembrano più intenzionati ad arginare questo fenomeno di massa, il quale per alcuni anni è stato incontrollabile. Tuttavia ciò che manca, a mio parere, è la coesione tra le due parti.
Le azioni governative e le iniziative aziendali delle case di moda dovrebbero essere più sinergiche, o almeno, le due identità dovrebbero imparare a collaborare maggiormente, visto che la battaglia riguarda un nemico comune.
Resta, in ogni modo, innegabile che l’azione significativa dovrà provenire dal Pubblico, ossia dai noi consumatori; se tutti riuscissero a prendere consapevolezza di alcune dinamiche, allora le cose cambierebbero notevolmente: boicottare il Falso, significherebbe:
- Scegliere i piccoli produttori di zona o i brand meno famosi, acquistando prodotti autentici e certificati
- Ostacolare il lavoro nero e il traffico illegale
- Poter controllare la provenienza e i materiali, assicurandosi della sostenibilità ambientale
- Favorire la produzione sul territorio, facendo decrescere le importazioni di dubbia autenticità
- Sapere a chi vanno i Tuoi soldi ed essere certi di non alimentare le mafie
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(Alcune informazioni sono state ricavate dal sito brandforum)