LA MODA SCEGLIE DI RALLENTARE: SIAMO CERTI CHE SIA UN BENE?

La moda sta cambiando musica.

La stasi economica che abbiamo vissuto di recente, a causa del lockdown e del blocco delle produzioni, ha portato inevitabilmente ad un cambiamento nelle abitudini di acquisto e, quindi, di vendita.

I ritmi della moda stanno mutando: il sistema è rallentato. E pare voler cambiare decisamente rotta.

Ma se la moda rallenta, il sistema-industria che la sostiene smette di esistere.

Siamo sicuri che questo ci farà bene?

In quest’articolo parleremo di un argomento che nessuno affronta e che spaventa tutti gli attori della produzione Made in Italy: se la moda cambierà faccia, che ne sarà di tutta la filiera?

L’idea di una moda più calma e pacata è senza dubbio rassicurante. È il sogno di molti.

Un sogno legato al romanticismo del passato, in cui le mani dell’artigiano erano quasi l’unica fonte dei nostri beni.

Adesso si chiamano consumi; e provengono da produzioni veloci e corpose.

I consumi rappresentano l’anima dell’industria della moda. E, quindi, della pelletteria.

Recentemente, abbiamo visto come gli assetti della moda si stanno avviando verso nuove strade, e come dalla crisi stanno nascendo nuove opportunità.

Abbiamo visto come Dolce & Gabbana, il famoso brand italiano, ha messo in piedi un progetto che parla di artigianato:

#DGfattoacasa è il racconto dell’artigianato italiano. I due stilisti, innamorati e un po’ nostalgici dei tempi andati, sono entrati nelle case degli italiani che “amano fare con le mani”, mostrando tramite dei video tutorial come vengono creati i prodotti autentici della manodopera artigianale.

Come Dolce & Gabbana, anche Armani ha lanciato una sfida alle passerelle, abbracciando la battaglia contro il fast luxury.

Una battaglia appoggiata a distanza da Tom Ford, il quale afferma che la moda ha bisogno di andare in letargo.

Ma l’incanto non ha travolto tutti i protagonisti delle passerelle: una voce si è distaccata dal coro, consigliando cautela e più riflessione.

Si tratta di Miuccia Prada, la quale dichiara a LaConceria:

“Meno prodotti e consumi richiedono un ripensamento radicale del sistema produttivo: non è un argomento da trattare con leggerezza, ma al contrario implica un grande sforzo”.

L’intervento della Queen di Prada mi ha colpito molto. E mi ha dato ulteriori spunti di riflessione.

Quando la donna parla di “sistema produttivo” fa riferimento a tutta la filiera che sostiene la produzione del Made in Italy.

Una grande azienda come Prada (o Gucci, e tutti i marchi del lusso presenti nel nostro Paese) è costituita da moltissime componenti che ruotano attorno al brand, come satelliti.

Si tratta dei fornitori della pelle (concerie e rivenditori), dei fornitori di accessori (produttori e rivenditori), dei produttori (terzisti), delle aziende che offrono Servizi (logistica, comunicazione, marketing). Senza contare i reparti interni all’azienda stessa che si occupano della vendita, dei progetti, della creazione, dei rapporti con il pubblico e via dicendo.

Insomma, dietro un marchio esiste un mondo. E non è fatto di numeri, ma di persone.

Per cui, se la moda è destinata a rallentare e a cambiare i suoi modelli organizzativi, allora tutta la filiera sarà costretta ad adeguarsi. E nei peggiori casi, a mollare.

MODA: COME SALVARE LA FILIERA?

MODA

La pandemia globale ha causato una forzata chiusura dei negozi fisici; molti sono sopravvissuti grazie alla vendita on-line. Altri non ce l’hanno fatta perché si sono trovati impreparati di fronte al futuro che è entrato prepotente, senza avvisare.

Nel frattempo i consumatori hanno imparato a comprare on-line, sulle piattaforme e-commerce e sui principali portali di vendita.

E le abitudini di acquisto sono cambiate per sempre.

Non si torna indietro dal digitale, in certi casi.

Per cui, ci siamo trovati in uno scenario mai visto prima:

  • Le vendite sono diminuite, a causa del ridotto potere d’acquisto da parte del pubblico;
  • Le produzioni sono, di conseguenza, diminuite, o del tutto bloccate.
  • Molti negozi fisici non ce l’hanno fatta e sono stati costretti a chiudere .
  • Anche i grandi marchi hanno scelto di chiudere alcuni punti vendita sparsi per il mondo, come strategia aziendale.
  • Il pubblico ha iniziato a comprare on-line.

Se le abitudini d’acquisto cambiano, cambierà anche l’offerta.

Pertanto, nel futuro prossimo (e già da ora), molti marchi scelgono di destinare i propri investimenti a scenari diversi: se prima si aprivano negozi e si assumeva personale, adesso si aprono siti web e si assumono fotografi e responsabili di web marketing.

Siamo di fronte ad un cambiamento importante che, tuttavia, non è privo di rischi.

Se le produzioni rallentano, significa che i produttori lavoreranno di meno.

I brand del lusso collaborano con diversi terzisti della pelletteria, a cui affidano la produzione delle loro linee.

Questo significa che con la diminuzione dei prodotti, alcuni terzisti rischieranno di perdere il lavoro.

Affinché questo non accada, c’è bisogno di ripensare interamente a tutta la filiera.

Ma siamo pronti a farlo?

Siamo certi che possiamo tutelare i terzisti della moda?

Nutro forti dubbi.

Io sono una terzista della pelletteria e lavoro per un brand del lusso, dedicandomi alla produzione conto terzi di borse Made in Italy.

MODA
LA MIA AZIENDA

Sinceramente, anche io temo per il mio futuro. Sopravvivere sarà possibile, ma a quale prezzo?

Non mi sento del tutto tutelata, poiché come produttore dovrò “subire” le scelte aziendalI del grande brand, senza alcuna associazione di categoria che mi possa proteggere.

Potrebbe scoppiare una guerra. E potrebbero vincerla i paesi esteri.

Se la moda vuole rallentare, allora è opportuno cambiare le regole della produzione: se si vuole rinunciare ai numeri, allora bisogna valorizzare la manodopera. Se si vuole rinunciare alle entrate mensili, allora bisogna prendersi cura di quelle semestrali.

In sostanza, ciò che ci serve è far conoscere il lavoro dei nostri terzisti, per non farli scomparire nei retroscena del cambiamento: la manifattura del Made in Italy deve diventare il prodotto esclusivo dei nostri artigiani. Sì, perché le nostre fabbriche sono fatte dagli artigiani e dalle loro storie, e non da produzioni seriali prive di dimensione e calore.

Ma non solo.

Gli interventi di cui avremmo bisogno sono tanti. Le istituzioni potrebbero fare molto:

  • Una defiscalizzazione per le fabbriche che producono in Italia e che fanno azienda supportando la nostra filiera
  • Un supporto strategico per le aree produttive che si dedicano al Made in Itlay.
  • Gli incentivi per le aziende che scelgono di ritornare a produrre in Italia (reshoring).

In aggiunta a questo, una certificazione della filiera permetterebbe di far conoscere i siti produttivi e la provenienza dei nostri prodotti.

TU SAI DOVE È STATA FATTA L’ULTIMA BORSA CHE HAI COMPRATO?

Non smettere mai di informarti sui prodotti che scegli, perché questo da valore ai tuoi acquisti e aiuta le aziende oneste a creare un indotto lavorativo sano.

Pertanto, torniamo alla domanda iniziale: se la moda rallenta, che ne sarà della nostra Filiera?

Senza dubbio, cambierà assieme a tutto il resto.

Ma saremo anche noi a decidere Come e in Quale direzione.

Ognuno di noi può fare molto per il Made in Italy e per tutti i lavoratori che ne fanno parte: il tuo acquisto consapevole ha un potere enorme! Usalo bene!

… QUAL È LA MODA CHE VORRESTI?

COSA NE PENSI DI QUESTI CAMBIAMENTI?

Le tue parole sono importanti per me!

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GRAZIE PER IL TEMPO CHE MI HAI DEDICATO.

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