BORSE, MODA E PRODUZIONE: CHI PAGHERÀ LA CRISI?

Ottobre 2020. Il messaggio è piuttosto chiaro: stiamo vivendo una delle crisi economiche e produttive più cruente degli ultimi decenni.

I comparti produttivi della moda, degli accessori e della pelletteria in senso stretto, stanno affrontando importanti cambiamenti, non senza grossi danni.

Chi pagherà il prezzo finale?

Io, un’idea me la sono fatta.

Ma prima di rispondere alla domanda, ti chiedo:

Sai cosa è successo nelle fabbriche da gennaio fino ad oggi?

È importante conoscere le dinamiche della produzione, prima di affrontarne un’analisi.

Ecco un brevissimo disegno.

GENNAIO 2020

Gennaio. Nelle fabbriche italiane si respira la presenza di una minaccia vicina. La mole di lavoro, lentamente, inizia a diminuire, a causa del Covid-19 che esplode in Cina, un Paese che rappresenta, da decenni, il centro delle produzioni mondiali e il crocevia degli scambi commerciali.

In Asia è scoppiata l’epidemia, e nessuno avvertiva i sintomi di ciò che stava per accadere in Europa e nel mondo. Nessuno, tranne che la produzione.

MARZO 2020

Marzo. In seguito alla decisione del governo di stabilire un lockdown nazionale, le fabbriche sono costrette a chiudere. Si blocca tutto: le produzioni, gli acquisti, i viaggi, i progetti aziendali, le scuole…

Gli italiani sono immersi in una bolla surreale, fatta di smartworking (per chi poteva), videoconferenze e libri di narrativa rispolverati dalla libreria.

MAGGIO 2020

Maggio. l’Italia riparte. La volontà di ricominciare e buttarsi alle spalle un periodo grigio appartiene a tutti, dal singolo lavoratore fino alla grande produzione. I segnali non sono cattivi: il lavoro c’è! Grazie soprattutto alle produzioni che si sono interrotte a marzo e che devono, necessariamente, continuare.

Sembra che le cose stiano tornando al loro posto e che alle nostre fabbriche non manchi l’opportunità di riprendere i soliti ritmi.

GIUGNO/LUGLIO 2020

Giugno. Dai grandi gruppi della moda arrivano strani segnali, che riguardano per lo più i volumi delle produzioni: i terzisti, ossia le aziende che producono per i grandi brand del fashion system, vedono il loro lavoro diminuire bruscamente.

Ciò che si pensava a maggio, non è.

La crisi produttiva non è passata, ma ci stiamo entrando.

SETTEMBRE 2020

Settembre, come ancora Ottobre, è un mese di attesa: cosa accadrà? Quale sarà il trend per la produzione?

Si sente dire dalle grandi voci dell’economia nazionale che tutte le crisi sono, inevitabilmente, seguite da grandi boom economici.

Ma nel frattempo, molte aziende stanno chiudendo. Molti imprenditori non riescono a sostenere la propria fabbrica, che vede ogni giorno un grande calo di ordini all’interno delle produzioni.

PERCHÈ LE PRODUZIONI CALANO? COSA SUCCEDE?

Le grandi holding della moda, prime fra tutte Kering, che detiene Gucci, Saint Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga, Alexander McQueen, Brioni, Boucheron, etc. e Lvmh, con Christian Dior, Bulgari, DKNY, Fendi, Céline, Guerlain, Marc Jacobs, Givenchy, Kenzo, Loro Piana e Louis Vuitton, etc, negli ultimi anni hanno cambiato direzione strategica; tali cambiamenti hanno riguardato anche il comparto produttivo.

Le firme del lusso hanno cominciato, qualche anno fa, a creare delle loro strutture produttive.

Ne è un esempio Gucci, con ArtLab, e l’acquisizione di aziende consociate; ma lo dimostra anche Celine, che nell’ottobre del 2019 ha aperto uno stabilimento a Rabba, Chianti.

Il gruppo Lvmh, ancora, nel 2015 ha consolidato un polo produttivo di calzature a Carinaro, in provincia di Caserta, insieme alla famiglia De Cristofaro.

Perché si è trattato di un cambio di rotta strategico?

Fino a qualche anno fa, a dispetto di quello che comunemente crede l’opinione pubblica, la stragrande maggioranza del lavoro dei brand del lusso veniva svolto dalla filiera.

La filiera produttiva è composta da aziende medie o grandi, che sviluppano le fasi di lavoro complete, iniziando dal taglio per arrivare al packaging; oppure si occupano di fasi di lavoro parziali, come l’assemblaggio o la tintura, per fare un esempio.

Questo ha creato un corollario di micro realtà molto sviluppate sul territorio italiano, soprattutto in regioni come la Toscana, la Campania, le Marche e il Veneto.

Con il passaggio dalla produzione svolta dalla filiera a quella “interna” da parte dei brand del lusso, si è assistiti ad una rivoluzione vera e propria, di cui si è parlato molto poco.

PER CUI, TRA I PRIMI A PAGARE QUESTA CRISI CI SARANNO I TERZISTI, QUINDI I PRODUTTORI COME ME.

CRISI E PRODUZIONE: I TERZISTI SONO IN PERICOLO

CRISI

Io mi occupo di produzione conto terzi, nell’ambito della pelletteria napoletana. Lavoro per i marchi di lusso che hanno scelto il Made in Italy e tutta la sua eccellenza.

Come me, tanti altri imprenditori hanno stretto legami commerciali con le grandi aziende della moda. È una catena ben strutturata: è la nostra filiera produttiva.

Per cui, in giro c’è molta paura.

Se la direzione sarà quella che stiamo percependo, quindi diretta ad un netto calo degli acquisti,  l’esternalizzazione delle produzioni sarà sempre minore. E maggiore sarà il rischio per i terzisti.

Ovviamente si tratta di ipotesi; sebbene la realtà suggerisca fortemente questa prospettiva.

Tuttavia, in un momento storico difficile è bene reinventarsi.

Anche se questa parola è diventata quotidiana e sempre più ripetuta, è assolutamente sensata… perché chi saprà creare qualcosa di nuovo dal vecchio, sarà capace di sopravvivere. E chissà, avere successo!

Ma non tutti hanno saputo guardare ai nuovi scenari.

Una delle carenze del settore della produzione conto terzi, quindi dei terzisti, è la mancanza degli strumenti di “vendita”: per lo più, lavorano grazie al passaparola.

Quante volte hai dovuto chiedere ad un conoscente se avesse tra i contatti un parente o un amico che “si occupa di produzione di borse”?

Non potere accedere ad una lista di aziende del settore, anche solo dopo una semplice ricerca su google, dimostra un’importante arretratezza.

Un’altra grave carenza del settore è, infatti, la mancanza di un censimento nazionale delle fabbriche che si occupano di produzione conto terzi.

Quanti sono i terzisti in Italia? Boh.

Con la mancanza di una mappatura dei produttori di borse, non sapremo neanche quanti saranno i “naufraghi” dello tzunami che ci sta travolgendo.

Non sapremo chi ha resistito e chi non ce l’ha fatta.

Non sapremo, in termini numerici e statistici, quante vittime avrà generato la crisi, nell’ambito della piccola produzione.

Navighiamo in un mare cieco, in cui il “si salvi chi può!” diventa, ancora una volta, l’urlo della battaglia individuale. La frase che ha generato più danni in assoluto.

Sì perché la creazione di una rete produttiva, all’interno di tutta la filiera Made in Italy, servirebbe non solo a generare nuove collaborazioni, ma a tutelare l’intero sistema.

Potremmo essere uniti da una sola voce che rivendicherebbe il diritto a lavorare. A non pagare i prezzi di ogni momento “storto” del mercato.

CHI PAGHERÀ, IN GENERALE, LA CRISI ECONOMICA?

CRISI

Abbiamo visto che i terzisti pagheranno una sostanziosa parte della crisi.

Chi altro pagherà?

I piccoli marchi, emergenti e non.

Non so se hai fatto caso, ultimamente, all’ aumento della presenza dei prodotti falsi sul mercato.

Portali on-line, pagine facebook e instagram, gruppi di whatsapp… che propongono, ogni giorno, prodotti contraffatti. Dalle borse “firmate”, fino agli orologi e all’abbigliamento, la scelta è vastissima.

Perché adesso più di prima?

Beh, perché il mercato criminale che gestisce la contraffazione ha sempre approfittato dei momenti di crisi per emergere e speculare.

Speculare sulle macerie è il “punto di forza” della criminalità. E questo, probabilmente, lo sai.

Ciò che non sai è che tutto l’indotto del falso è manovrato interamente dalle mafie, e non rispetta nulla e nessuno. È uno dei mercati più pericolosi al mondo.

Fatta questa importantissima premessa, ti spiego cosa sta accadendo.

Tre grandi dinamiche si stanno intrecciando a sfavore dei brand minori:

  • Gli acquisti fake, come abbiamo visto, stanno aumentando, creando un’alternativa (illegale) per i consumatori, in un momento in cui il potere d’acquisto è diminuito.
  • Le grandi catene del fast-fashion stanno investendo molte risorse per “reinventarsi”: un esempio a portata di mano, viene dall’iniziativa di H&M che riguarda la moda sostenibile e il riciclo dei capi d’abbigliamento. Con l’attuazione di una produzione eco-compatibile e l’avvicinamento alla green economy, il marchio conquisterà nuove fette di pubblico, quelle più sensibili a queste tematiche. Quelle che, magari, prima sceglievano solo artigianato e km zero. Ma che, da oggi in poi, preferiranno risparmiare.
  • I brand del lusso restano lì, nella nicchia di mercato di fascia-alta; senza dubbio, vedranno i fatturati calare, in corrispondenza della crisi globale, ma non rischiano certo il fallimento. Come abbiamo visto, il costo lo pagheranno i produttori, cioè i terzisti che finora lavoravano per loro.

A causa di queste canalizzazioni per quanto riguarda gli acquisti, a soffrire saranno i piccoli marchi, quelli di cui parlo ogni giorno su questo blog.

Soprattutto, se si tratta di marchi che non hanno ancora una dimensione virtuale, cioè un e-commerce ben strutturato e una comunicazione efficace.

La nostra vita si sta spostando, man mano, verso il digitale, dagli acquisti quotidiani fino alla prenotazione del viaggio dei nostri sogni.

E non si tornerà più indietro.

Per questo, camminare avanti è l’unica alternativa possibile.

Personalmente, ho scelto molto tempo fa di sostenere i marchi minori ed originali, i quali (ribadisco) sono quelli prodotti e venduti attraverso il mercato legale, affinché la bellezza della produzione legale arrivi nelle coscienze del mio pubblico.

Sostengo i marchi acquistando le borse con i miei soldi e facendone le recensioni; attraverso le mie recensioni, per le quali NON PRENDO SOLDI DA NESSUN BRAND, ti racconto la storia che c’è dietro ogni borsa, i dettagli della produzione e le rifiniture tecniche.

In sostanza, cerco di darti quante più informazioni possibili sul brand che scelgo di acquistare, sia che si tratti di un marchio artigianale, sia che si parli di un’azienda del Made in Italy.

Cercare informazioni, conoscere ed essere curiosi sui nostri acquisti è la chiave per valorizzarli, e premiare chi lo merita.

Imparare a scegliere i prodotti attraverso la storia di Chi li crea, comprendere i dettagli di una borsa, e soprattutto comprendere che il nostro modo di spendere soldi ha impatto su tutto il sistema, a me ha cambiato la vita.

E la prova reale di tutto questo è stato il sostegno che ho potuto dare agli artigiani e ai marchi del Made in Italy, scegliendo le loro borse.

La nostra filiera è fatta da moltissimi marchi onesti che lavorano con cura e competenza. E ti assicuro che scoprirli è una gioia!

Spingere il “mercato” a raccontarsi, a garantire la qualità e a metterci la faccia, significa salvare la vita a Chi tutto questo può farlo senza problemi. Anzi, già lo fa da molto tempo.

PER CUI, SOSTENIAMO I PICCOLI BRAND DELLA MODA E SCEGLIAMO DI SALVARE LA NOSTRA ECONOMIA!

GUARDA IL MIO VIDEO SU YOUTUBE PER APPROFONDIRE L’ARGOMENTO!

SCRIVI QUI SOTTO PER DIRMI COSA PENSI E QUALI SONO LE TUE PREVISIONI!

GRAZIE PER IL TEMPO CHE MI HAI DEDICATO.

CRISI

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