IL MADE IN ITALY ANDRÀ NELLE MANI DEI CINESI: COSA STA ACCADENDO?
Il Made in Italy rischia di diventare proprietà cinese. Le possibilità sono altissime, ed evitarlo sarà quasi impossibile.
Mentre viviamo le nostre vite, cercando di uscire illesi da un momento storico molto delicato, sta succedendo qualcosa attorno a noi: silenziosamente, si stanno facendo spazio tutte le premesse economiche che metteranno il nostro Made in Italy nelle mani del mercato asiatico.
Perché?
Cosa sta accadendo alle nostre aziende?
Ognuno di noi, è travolto dalla propria vita e da tutti i cambiamenti che siamo costretti ad affrontare: mi rendo conto che non è facile immaginare ciò che stanno vivendo, realmente, le nostre fabbriche. A meno che tu non sia un addetto ai lavori, quindi completamente immerso nella quotidianità della produzione.
Ebbene, io sono una di quelle persone. Io faccio azienda a Napoli da molti anni e mi dedico alla produzione di Borse di pelle Made in Italy: sono una terzista della pelletteria napoletana, cioè produco borse per altri, e nello specifico per alcuni marchi del lusso.
Pertanto, conosco la realtà dei fatti.
E, oggi, voglio condividere con te il pericolo che sta ruotando attorno alle fabbriche italiane, riferendomi prettamente al settore della pelletteria e della produzione.
Fare previsioni è un pezzo importante del mio lavoro, poiché sono un’imprenditrice e non posso permettermi di restare impreparata di fronte agli eventi che domani mi potranno travolgere.
Sopratutto dopo quello che è successo alcuni anni fa.
Probabilmente non ricordi quegli anni. O comunque non ne hai percepito la rivoluzione.
Parlo del periodo che ha riguardato la fine degli anni novanta e l’inizio del 2000, in cui il nostro mercato è stato completamente stravolto dal maremoto asiatico. La produzione cinese è riuscita a scorrere in tutte le vie del mondo, come un torrente energico e consapevole. A prendersi tutto poco a poco.
Il nuovo modello cinese, veloce e ben organizzato, riusciva ad offrire alla produzione ciò che voleva: grandi numeri in poco tempo, e soprattutto un importante abbattimento sui costi della manodopera. Ma questo non è un segreto. Il successo dei cinesi nel mondo non nasconde alcuna bacchetta magica.
Ebbene, alcune produzioni furono trasferite in Cina. Altre furono inglobate dalle aziende cinesi, pur restando sul territorio italiano. Sì, perché la concorrenza asiatica era quasi imbattibile per le piccole fabbriche italiane: dopo alcuni anni di sopravvivenza, molti imprenditori decisero di vendere ai cinesi. In contanti e, probabilmente, in lacrime.
Forse tutto quello che è successo durante quel periodo poteva essere evitato. Forse, lo Stato sarebbe potuto intervenire con manovre specifiche, che proteggessero la nostra produzione interna, supportandola sotto il profilo fiscale.
Ma Chi può dirlo.
Erano anni di abbondanza e confusione, in cui la produzione era molta e la supervisione poca. In cui la manodopera specializzata era contesa tra le aziende legali e quelle che preferivano la penombra. Anni di storia, tutto sommato.
Come ti ho raccontato in passato, anche la mia famiglia affrontò una grande crisi: il lavoro diminuiva e attorno a noi molti chiudevano. Non è stato facile.
Ma tra rinunce e compromessi, sudore e tentativi, ora sono qui. Mi occupo dell’azienda di famiglia e lo faccio con il cuore pieno ed appagato.
Lavoro nell’anima della pelletteria Made in Italy. E adesso è il momento di proteggerla.
I terzisti, cioè i produttori della pelletteria, stanno vedendo i loro numeri decrescere.
Il lavoro è diminuito, mentre la paura aumenta ogni giorno di più.
Il blocco della produzione, il lockdown che ha coperto il nostro cielo per un lungo periodo, il potere d’acquisto penalizzato dalla cassa integrazione e in certi casi dalla chiusura delle attività, le nuove scelte da parte dei consumatori, i quali preferiscono risparmiare sui beni materiali in cambio di qualche giorno al mare…hanno messo in discussione l’intero assetto economico del paese.
I produttori temono per il loro futuro e nuove “opportunità” si stanno facendo avanti. Quelle che rischiano di metterci nelle mani delle aziende asiatiche.
IL MADE IN ITALY E GLI SCENARI CHE SI PRESENTANO
Quando un imprenditore si sente minacciato dal futuro e teme per la sua azienda, non è difficile corteggiarlo con nuove proposte di mercato.
Offrire lavoro ad un terzista della pelletteria in questo momento storico è quasi come salvarlo dall’incertezza di un futuro più che prossimo.
Pertanto, sta accadendo che i grossi gruppi asiatici, i quali gestiscono la produzione di molti marchi famosi, si fanno avanti e offrono nuovi lavori.
COME FACCIO A SAPERLO?
Semplicemente perché è accaduto anche a me.
Si è presentato qualcuno in azienda offrendomi nuove produzioni. Quante ne volessi. Senza alcun vincolo di esclusività.
Ovviamente, questo implicherebbe che dovrei abbassare i miei costi di manodopera, di fronte alla possibilità di avere grosse moli di lavoro.
QUALI SAREBBERO LE CONSEGUENZE CON IL TEMPO?
Aumentare i numeri e diminuire i costi comporta, senza dubbio, un declino della qualità. Ma anche una corsa alla sopravvivenza.
Svendere il lavoro ad un costo molto basso può significare non – sopravvivere, nei prossimi cinque anni, alla pressione fiscale del nostro Paese, e alle spese di gestione di Chi lavora in modo onesto.
Per cui, probabilmente, tra pochi anni mi vedrei alle prese con problemi economici non trascurabili.
A quel punto, per una grande azienda asiatica diventerebbe molto semplice “aiutarmi” .
In che modo?
ACQUISENDO LE QUOTE (PARZIALI O TOTALI) DELLA MIA AZIENDA.
In questo modo, gli asiatici potranno acquistare gran parte delle fabbriche produttrici del sud Italia e non solo.
Potrebbero mettere le mani sul know how esperto del Made in Italy, potendo contare su quella manodopera divenuta, nel mondo, simbolo di eccellenza.
Pensi sia una visione apocalittica?
Ti assicuro di no. Si tratta di dinamiche ben note e consuete nel sistema finanziario in cui viviamo, sempre più vicino alla delocalizzazione.
Uno dei rischi maggiori per il Made in Italy è quello di diventare un’etichetta. Un bene acquistabile senza l’intera filosofia che lo sostiene.
Quelli che per molti anni sono stati i punti critici del nostro lavoro, come la lentezza, la settorialità, la forte presenza umana…rappresentano, in realtà, i punti chiave del Made in Italy. Quell’anima di cui non abbiamo saputo parlare abbastanza.
Ma ne sanno parlare bene i francesi, ad esempio, che hanno fatto del Made in Italy uno dei cavalli di battaglia delle loro passerelle.
IL MADE IN ITALY STA PER DIVENTARE UN PRODOTTO CONFEZIONATO PER LE GRANDI HOLDING INTERNAZIONALI, RISCHIANDO DI PERDERE PER SEMPRE LA SUA FACCIA UMANA.
È per questo, caro produttore, che vendere domani un pezzo della tua azienda significa vendere per sempre un pezzo del Made in Italy. Quel pezzo che hai coltivato con tenacia e sacrifici.
MADE IN ITALY: COME SALVARLO?
Non è mai troppo tardi.
Non è mai troppo tardi per costruire le nostre difese e proteggerci dai lupi del bosco.
Finora abbiamo assistito a molteplici errori del nostro settore produttivo.
Abbiamo visto assieme quali sono gli errori dei nostri imprenditori, da sempre scollegati e lontani tra loro; abbiamo visto le fabbriche invisibili che mettono in pericolo il nostro settore, già vittima di una narrativa mediatica sconcertante; abbiamo visto quanto sarebbe vitale avere una Certificazione della Filiera e una Scuola di Pelletteria al sud.
La verità è che non sappiamo vendere la nostra eccellenza.
Conosco moltissimi produttori in gamba, che fanno il lavoro lavoro seguendo la tradizione artigianale e gli standard del Made in Italy. Ma il mondo non li conosce.
Perché?
Perché non hanno mai pensato di presentarsi al mondo, di creare un sito web efficace e una comunicazione integrata che parlasse del loro prodotto.
Non hanno mai pensato di lavorare anche sui social, per arrivare nelle stanze delle persone e nei loro desideri.
Non hanno mai pensato di presentarsi ai grandi marchi grazie ai nuovi strumenti digitali a disposizione.
Tutto questo non è obbligatorio. Ma vivere sì.
Se vogliamo che il nostro Made in Italy non finisca nelle mani dei cinesi (e dei francesi) nell’arco di dieci anni, dobbiamo prenderci cura della nostra creatura:
- Dobbiamo fare Rete e creare un’associazione di settore che lotti per gli interessi di tutto il comparto produttivo, evitando la guerra al ribasso.
- Dobbiamo parlare di noi e delle nostre eccellenze;
- Dobbiamo raggiungere i marchi più prestigiosi e conquistare i loro occhi;
- Dobbiamo avviare un dialogo concreto con le istituzioni, affinché promuovano il Made in Italy e lo supportino.
Può sembrare un programma politico, dal momento che siamo in clima elettorale qui in Campania. Ma non lo è.
Non voglio fare politica, ma salvare una parte del Paese a cui tengo da tempo. E da sola non posso farlo.
Se sei d’accordo a difendere il Made in Italy e proteggere le sue radici, ti chiedo solo di condividere quest’articolo e far conoscere i pericoli a cui andiamo incontro.
Prima di salutarti, però, è importante fare un ultimo appunto a difesa della produzione asiatica.
A prescindere dal contesto storico/politico della Cina, e riferendomi esclusivamente alla realtà produttiva, ritengo che si è trattato di una vera e propria rivoluzione economica.
I cinesi non sono solo grandi produttori, ma i migliori clienti del mondo.
La massificazione delle fabbriche, che ha favorito il popolamento dei centri urbani, a discapito della zona rurale, ha prodotto lavoro e ricchezza. Sebbene con tutte le zone d’ombra che sono emerse.
I cinesi sono stati capaci di creare un sistema produttivo solido, efficace e veloce. Un modello organizzativo da fare invidia a tutti i colossi occidentali, e che è stato replicato nei nostri territori, dal momento che alcune province italiane (come Prato) sono state completamente assorbite dal sistema cinese.
Per cui, quando si parla di bassa qualità, illegalità o sfruttamento della manodopera non si tratta (solamente) di aziende cinesi. Spesso, rischiamo di fare confusione.
Le realtà contaminate esistono a prescindere dall’etnia e la provenienza, che siano italiane o vietnamite.
Pertanto, il mio non è uno spazio chiuso e categorico. La mia attività di informazione sul web punta a parlarti della produzione, del Made in Italy e della bellezza delle aziende oneste, italiane o non.
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Completamente d’accordo su quanto enunciato… cara Ornella fatti portavoce di un sistema creando un consorzio con le aziende di pelletteria Made in italia . Uniti ce la faremo a combattere il sistema cinese .
Ciao Bianca spero di stimolare quante più persone del settore possibile, ad esporsi e cercare nuove strade.
Un abbraccio grande e complimenti per le nuove borse 🙂